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Il pentimento del figlio del boss: “Stanco di pagare per gli altri”

Pignataro Maggiore. Dopo anni di appartenenza a un sistema criminale radicato nel territorio, Pietro Ligato ha deciso di collaborare con la giustizia. Una scelta inattesa, che lo stesso 52enne di Pignataro Maggiore ha spiegato con parole cariche di risentimento: “Sono stanco di pagare io per le colpe degli altri”.

Ligato, figlio di Maria Giuseppa Lubrano (sorella del capoclan Vincenzo Lubrano, scomparso nel 2007) e di Raffaele Ligato, ex referente dei Casalesi per l’Agro Caleno morto nel carcere di Opera nel 2022, ha avviato da un paio di settimane il suo percorso di collaborazione con la Direzione Distrettuale Antimafia. Le sue dichiarazioni sono ora al vaglio del sostituto procuratore Vincenzo Ranieri, che avrà 180 giorni per verificarne l’attendibilità.

Il passato criminale di Pietro Ligato è segnato da numerosi episodi. Nel novembre del 2007, fu arrestato insieme ai fratelli Antonio e Felicia per detenzione di munizioni e parti di armi da guerra, oltre che per possesso di droga. Durante il blitz nella loro abitazione, i carabinieri rinvennero una bomba carta da oltre due chili, proiettili, componenti di armi e 180 grammi di hashish.

Successivamente, fu coinvolto in un’inchiesta insieme al padre per l’omicidio di Raffaele Abbate, assassinato nel 2000 a Pignataro Maggiore. Abbate era il padre del collaboratore di giustizia Tonino Abbate, circostanza che aggravò ulteriormente la posizione giudiziaria della famiglia Ligato.

Negli anni successivi, il nome di Ligato tornò alla ribalta nell’ambito di un’indagine che, tra il 2018 e il 2019, accertò il coinvolgimento dei suoi fratelli nel traffico di droga nell’Agro Caleno. Nel 2023, invece, venne arrestato insieme ai fratelli e alla madre con l’accusa di aver estorto una società di onoranze funebri. Assolto da questa contestazione, venne però condannato per una tentata estorsione legata alla gestione di un lotto nel cimitero di Pignataro Maggiore e per lesioni.

L’ultima vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto riguarda la partecipazione all’associazione a delinquere orchestrata da Antonio Mezzero. Proprio in questo contesto, sembra maturata la sua decisione di abbandonare la camorra e collaborare con le autorità.

Fonti vicine agli inquirenti suggeriscono che alla base del suo pentimento vi siano motivazioni personali, legate non solo alla pressione investigativa ma anche a dinamiche interne al suo stesso ambiente familiare. La sua scelta, dunque, potrebbe rappresentare un punto di svolta nelle indagini su una delle famiglie storiche della criminalità organizzata campana.

 

 

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