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Madre accoltellata davanti all’altro fratello, l’ombra dei rancori

Camigliano. Un urlo squarcia il silenzio della notte, pochi minuti prima dell’aggressione. Un grido disperato che ha svegliato più di un ospite della struttura di accoglienza di Camigliano. Non è stato solo il rumore della colluttazione a destare l’attenzione, ma una richiesta d’aiuto chiara, soffocata subito dopo. Un elemento finora rimasto nell’ombra, ma che potrebbe rivelarsi cruciale per ricostruire l’esatta dinamica dell’accoltellamento della donna pakistana per mano del figlio sedicenne.

Un rifugio che diventa teatro di violenza

Doveva essere un luogo sicuro, un rifugio per chi ha subito violenze e cerca protezione. Eppure, in quella notte, il centro di accoglienza è diventato il palcoscenico di un nuovo dramma. La donna, ospite della struttura dopo la separazione, ha subito tre fendenti al torace e alla spalla, sferrati con ferocia dal figlio, un ragazzo di 16 anni, studente di una scuola di Frosinone.

La sua salvezza è stata questione di minuti: una dipendente del centro, insospettita dai rumori provenienti dalla stanza, non ha esitato a lanciare l’allarme, recandosi personalmente alla stazione dei carabinieri di Pignataro Maggiore. Il tempo di attivare i soccorsi e la donna è stata trasportata all’ospedale di Sessa Aurunca. Le ferite, fortunatamente, non hanno intaccato organi vitali.

Il fratello testimone e l’ombra del rancore

Le indagini si stanno ora concentrando su quel grido iniziale e su una figura finora rimasta sullo sfondo: il fratello minore dell’aggressore, anch’egli presente nella stanza. Un testimone silenzioso o un potenziale elemento chiave? Quel che è certo è che la tensione tra madre e figlio covava da tempo. Il giovane, che dopo la separazione aveva dovuto lasciare il padre e lo zio, sembrava covare un risentimento profondo, un disagio emotivo che lo ha portato a un gesto estremo.

Interrogato dai carabinieri, il sedicenne non ha opposto resistenza. Ha raccontato la sua versione con una calma che ha lasciato attoniti gli inquirenti. Il motivo scatenante della furia omicida resta ancora sfocato, ma emerge un dettaglio inquietante: quel grido, quella richiesta d’aiuto, potrebbe aver preceduto un primo tentativo di aggressione. Un’ipotesi su cui gli investigatori stanno lavorando per ricostruire con esattezza i minuti precedenti all’accoltellamento.

Il piccolo centro di Camigliano è ancora scosso dall’accaduto. Nessuno avrebbe mai immaginato che una madre potesse essere accoltellata dal proprio figlio, per di più in una struttura di protezione. Ora il ragazzo è rinchiuso nel centro per la giustizia minorile di Napoli-Colli Aminei, con un’accusa pesantissima: tentato omicidio.

Gli inquirenti stanno cercando di chiarire se vi fossero segnali premonitori trascurati e cosa sia accaduto realmente in quella stanza prima dell’attacco. Le indagini della Procura di Santa Maria Capua Vetere proseguono, mentre resta una domanda senza risposta: si poteva evitare questa tragedia?

 

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