CASERTA/MADDALONI. Si chiude con un esito quasi del tutto favorevole agli imputati il processo condotto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, che aveva al centro Michele Maravita, genero del boss Antonio Della Ventura, esponente di spicco del clan Belforte. Il procedimento riguardava presunte attività illecite legate al riciclaggio di denaro, che lo scorso anno avevano portato al sequestro delle quote del ristorante La Baita, situato a Valle di Maddaloni.
Il collegio giudicante, presieduto dal giudice Caparco, ha respinto le richieste avanzate dal pubblico ministero Luigi Landolfi, il quale aveva sollecitato condanne severe: 14 anni di reclusione per Michele Maravita, 12 anni per Giuseppe Orefice e 18 anni per Agostino Vergone. Tuttavia, la corte ha assolto tutti gli imputati, ad eccezione di Giuseppe Orefice, condannato a una pena lieve di circa un anno di reclusione.
Già nel corso della requisitoria, il pm aveva chiesto l’assoluzione per diversi imputati, tra cui Concetta Buonocore (moglie di Della Ventura), la figlia Maddalena Della Ventura, Vincenzo Carbone, Maximiliano Carponi, Consiglia D’Angelo, Alfonso D’Itri, Pasquale Maio e Felice Tunisino. Richieste che sono state confermate dal tribunale che ha mandato tutti assolti.
Secondo l’accusa, Michele Maravita avrebbe preso in mano le redini degli affari di famiglia dopo gli arresti che avevano colpito i Della Ventura, con particolare interesse per il traffico di stupefacenti. Agostino Vergone sarebbe stato il suo collaboratore più fidato, mentre Giuseppe Orefice avrebbe gestito i rapporti con i fornitori. Tuttavia, la sentenza di primo grado ha smontato queste ipotesi, portando a un verdetto di assoluzione quasi totale. Solo Orefice ha avuto alla fine un anno di reclusione, davvero un flop clamoroso per la Procura rispetto all’impianto accusatorio iniziale.
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