
MARCIANISE/CAPODRISE. Un debito di appena 200 euro per una partita di cocaina non pagata ha scatenato una brutale aggressione, rivelando il modus operandi di un gruppo criminale legato al clan Belforte, noto come i “Mazzacane” di Marcianise. Le indagini condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Caserta, sotto la direzione della DDA, hanno portato all’arresto di Antonio Amoriello e Alessandro Del Prete, entrambi 36enni. Amoriello è recluso in carcere già da novembre, mentre per Del Prete, pugile ed ex dipendente di un autolavaggio, sono stati disposti i domiciliari. Ma la vicenda si allarga ben oltre i due arrestati: tra gli indagati a piede libero spiccano anche due donne, Filomena Anziano e Maria Amoriello, che avrebbero avuto un ruolo nella spedizione punitiva. Una delle due in particolare avrebbe
Caccia all’artigiano
Secondo quanto emerso, la vittima – un artigiano 44enne di Capodrise – sarebbe stata ricercata in più luoghi prima di essere trovata e colpita con una violenza inaudita. Il gruppo lo ha raggiunto e aggredito con mazze da baseball, procurandogli fratture alle costole e una profonda ferita al braccio. Ma la furia degli aggressori non si è fermata: la madre anziana dell’uomo è stata minacciata, segnale chiaro di un metodo mafioso teso a incutere timore e mantenere il controllo del territorio.
Se gli esecutori materiali dell’aggressione sarebbero stati Amoriello e Del Prete, con la supervisione di Giovanni Anziano – storico esponente del clan già condannato in passato – le indagini hanno portato alla luce il coinvolgimento di altre quattro persone, tra cui le due donne. Filomena Anziano è la sorella di Giovanni, mentre Maria Amoriello è parente di Antonio. Il loro ruolo non si sarebbe limitato a una presenza passiva: gli investigatori ritengono che abbiano partecipato attivamente alla pianificazione dell’aggressione, contribuendo a individuare gli spostamneti della vittima in riferimento all’attività commerciale della madre.
Il sistema delle estorsioni e il controllo del territorio
L’episodio si inserisce in un contesto più ampio di controllo delle attività illecite legate allo spaccio di droga. Le intercettazioni hanno rivelato che il pestaggio della vittima non era solo un atto di ritorsione per un pagamento mancato, ma un segnale chiaro rivolto a chiunque fosse in ritardo con il denaro dovuto al clan. Il messaggio era inequivocabile: nessuno può permettersi di non pagare.
Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire il ruolo preciso di tutti gli indagati, inclusi gli altri due a piede libero, Francesco Bianco e Francesco Saverio Chiorri (unico indagato di Capodrise). Nei prossimi giorni si attende il Riesame per Amoriello in riferimento , mentre le posizioni degli altri quattro indagati a piede libero non avranno sviluppi in termini di misure ma solo investigativi in riferimento alla conclusione dell’indagine. Il gip non ha ritenuto necessarie per loro le misure cautelari.