
Cesa/Gricignano. Clima carico di tensione in aula, con i familiari delle vittime che esprimono dolore e rabbia per la tragica scomparsa di Claudio e Marco.
Sono stati acquisiti gli accertamenti tecnici nel processo contro Antonio Mangiacapre, operaio 54enne di Cesa, accusato dell’omicidio volontario dei fratelli Marco e Claudio Marrandino, rispettivamente avvocato e imprenditore edile, uccisi il 15 giugno scorso in via Astragata, vicino all’uscita della statale Nola-Villa Literno.
La Corte d’Assise di Napoli, presieduta dal giudice Pasquale Cristiano e affiancata dalla collega Paola Valeria Scandone, ha dato il via libera all’inserimento nel fascicolo processuale delle perizie balistiche, degli esami dello stub e delle analisi medico-legali. Il dibattimento riprenderà a maggio con l’escussione dei testimoni delle forze dell’ordine.
In aula si è respirata un’atmosfera tesa, con i parenti delle vittime che non hanno potuto contenere il dolore per la perdita di Claudio e Marco. Tuttavia, l’agitazione è rientrata rapidamente.
La ricostruzione della tragedia
Secondo le indagini coordinate dal pubblico ministero Antonio Vergara, i fratelli Marrandino erano a bordo del loro SUV BMW bianco quando è scoppiato un violento alterco con Mangiacapre. Quest’ultimo avrebbe estratto un’arma da fuoco, sparando prima a Claudio, che era alla guida, e poi a Marco, il quale avrebbe tentato di fuggire. L’episodio è avvenuto sotto gli occhi di una pattuglia dei carabinieri, che ha permesso l’immediata identificazione dell’imputato.
Mangiacapre, noto per la sua passione per le armi, possedeva un vero e proprio arsenale detenuto illegalmente, ma l’arma utilizzata per il delitto non è stata ancora rinvenuta.
Le prime ipotesi investigative, che legavano l’omicidio a dispute su eredità o questioni legali, sono state smentite nel corso delle indagini. Gli inquirenti ritengono che il gesto sia stato dettato da un improvviso scatto d’ira, privo di una motivazione concreta.
L’accusato ha cercato di crearsi un alibi, facendo tappa alla clinica Pineta Grande di Castel Volturno e successivamente presso un’azienda agricola di un parente a Grazzanise, ma gli investigatori hanno rapidamente smontato la sua versione.
La posizione degli indagati
Inizialmente, anche la moglie e il figlio di Mangiacapre, insieme ad altre due persone, erano finiti sotto inchiesta per favoreggiamento. Tuttavia, le accuse nei loro confronti sono state archiviate per mancanza di prove.
Mangiacapre è difeso dall’avvocato Paolo Caterino, mentre i familiari delle vittime, costituitisi parte civile, sono rappresentati dagli avvocati Luigi Poziello e Dario Carmine Procentese.