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Rivalità in amore e timore per il rampollo, boss ordina omicidio e figlio esegue. Il verdetto

Casal di Principe. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a trent’anni di reclusione per Aniello Bidognetti, figlio di Francesco Bidognetti, noto come “Cicciotto ‘e mezzanotte”. La sentenza riguarda l’omicidio premeditato di Nicola Baldascini e Antonio Pompa, avvenuto il 25 ottobre 1997 a Casal di Principe, un crimine eseguito con la collaborazione di Raffaele Bidognetti e Giuseppe Setola.

Il verdetto della Suprema Corte, presieduta dal giudice Vincenzo Siani, ha respinto il ricorso presentato dalla difesa dell’imputato contro la decisione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli, che aveva già confermato la pena inflitta in primo grado dal Tribunale partenopeo. Anche il fratello Raffaele Bidognetti era stato condannato per lo stesso episodio, ricevendo una pena di dieci anni di reclusione, che non ha contestato.

Secondo quanto emerso dalle indagini e dai processi, l’omicidio si inseriva all’interno di un conflitto tra la fazione dei Bidognetti e il gruppo dissidente “Cantiello-Tavoletta”, nato dalla scissione di alcuni affiliati. Baldascini fu individuato come bersaglio principale per il suo passaggio alla fazione rivale, mentre Pompa fu ucciso perché ritenuto vicino agli scissionisti.

La sentenza di primo grado aveva messo in luce la guerra intestina tra i due gruppi e si basava su diverse testimonianze, tra cui quelle di Luigi Diana, Anna Carrino, Raffaele Bidognetti e Giuseppe Setola. Diana raccontò la sua amicizia con Nicola Baldascini e le tensioni sorte a causa di una relazione extraconiugale tra Francesco Bidognetti e la moglie di Vittorio Baldascini, padre della vittima, mentre questi era detenuto. Tale circostanza avrebbe spinto Baldascini a schierarsi con la fazione avversa.

Anna Carrino riferì che Cicciotto ‘e mezzanotte aveva ordinato la morte di Baldascini dopo aver appreso in carcere che questi voleva uccidere suo figlio Gianluca. La condanna a morte fu poi eseguita da Giuseppe Setola e Aniello Bidognetti, con Setola che si diede alla fuga subito dopo il delitto e Aniello che si nascose a Napoli prima di tornare a Casal di Principe una settimana dopo.

 

Raffaele Diana evidenziò il coinvolgimento di Luigi Cimmino, esponente camorristico del quartiere Vomero, il quale era in contatto con Aniello Bidognetti. Inoltre, Diana spiegò che la scelta di eliminare Antonio Pompa derivava dal fatto che questi era cognato di Salvatore Cantiello e si trovava con Baldascini nel momento dell’agguato.

 

La difesa di Aniello Bidognetti aveva contestato la credibilità delle testimonianze e l’aggravante della premeditazione, ma la Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato. Secondo i giudici, le prove raccolte dimostrano che l’omicidio fu pianificato nel dettaglio e discusso in più riunioni alle quali Bidognetti partecipò attivamente, confermando così la presenza di un intento omicida deliberato e costante.

 

Nella foto grande Francesco Bidognetti. Nel riquadro Raffaele Bidognetti

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