CASERTA. Dopo quasi 30 anni arriva la svolta per la morte di Nada Cella: ci sarà un processo.
Il gup ha rinviato a giudizio l’ex insegnante accusata di essere l’assassina, Anna Lucia Cecere, originaria di Caserta, il commercialista Marco Soracco, da cui lavorava Nada, e l’anziana madre Marisa Bacchioni.
Dunque ci sarà un processo per l’omicidio della giovane segretaria uccisa il 6 maggio 1996 nello studio dove lavorava a Chiavari (Genova). I giudici della Corte di appello di Genova che hanno accolto il ricorso della Procura contro il proscioglimento di Anna Lucia Cecere, Marco Soracco e l’anziana madre Marisa Bacchioni. A marzo la giudice Angela Nutini aveva prosciolto Cecere perché aveva giudicato gli elementi raccolti dalla procura solo come “sospetti”.
L’indagine
Sospetti che, aveva sottolineato, non possono “portare a formulare una ragionevole previsione di condanna”, come vuole la riforma Cartabia, e che renderebbero “inutile il dibattimento” visto il quadro probatorio per alcuni aspetti “contraddittorio e insufficiente”.
Il gup aveva prosciolto anche il commercialista e l’anziana madre Marisa Bacchioni, questi ultimi accusati di favoreggiamento e false dichiarazioni. Il fascicolo era stato riaperto nel 2021 dopo la rilettura dei vecchi atti da parte della criminologa Antonella Delfino Pesce e dall’avvocata della famiglia Sabrina Franzone. Le altre parti civili sono assistite dagli avvocati Razetto e Dellepiane.
L’inchiesta era stata affidata dalla pm Gabriella Dotto alla squadra mobile. Quello di Nada Cella per la procura sarebbe stato un delitto d’impeto; Cecere (difesa dagli avvocati Giovanni Roffo e Gabriella Martini), per l’accusa, avrebbe ucciso Cella perché voleva prendere il suo posto a lavoro e nel cuore di Soracco.
Il commercialista e la mamma, invece, secondo l’accusa, avrebbero mentito e coperto la presunta assassina per evitare che si scoprisse un giro sospetto di soldi. Lui, che subito dopo l’omicidio era stato il sospettato numero uno, ha sempre negato di avere coperto la Cecere.
Nella foto la vittima