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Confisca definitiva dei beni all’ex consigliere regionale legato al clan

Casal Di Principe/Arienzo. Confermata la confisca dei beni nei confronti dell’ex Consigliere Regionale.

Nicola Ferraro, ex Consigliere della Regione Campania, insieme alla moglie 62enne Gelsomina Crisci di Arienzo, è stato condannato dalla corte di Appello di Napoli per concorso esterno in associazione Mafiosa.

Arrivata anche la quinta sentenza da parte della Corte di Cassazione presieduta da Gerardo Sabeone, che ha confermato al confisca dei beni dell’indagato, attivo nel settore imprenditoriale dei rifiuti.

La confisca definita è stata disposta dalla Sezione Misure di Prevenzione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere e a essere confiscati sono tutti gli asset patrimoniale e finanziari dell’ex politico, compresi gli acquisiti fatti coi proventi delle attività illecite commesse durante l’esercizio della sua attività imprenditoriale, e anche i beni acquistati tramite la moglie.

L’indagato, è stato riconosciuti dal giudice penale come imprenditore legato con i reggenti del Clan dei Casalesi, nello specifico col clan Schiavone e Bidognetti, a partire dal 2000, prima della sua elezione al Coniglio Regionale della Regione Campania che è avvenuta nel 2005.

Nel corso degli anni, ha esercitato la sua professione di imprenditore nel settore dei rifiuti e politico sottoposto alle richieste dei clan e in cambio ha ricevuto un appoggio determinante per la sua attività imprenditoriale e un forte sostegno elettorale.

I beni immobili e mobili confiscati all’ex politico hanno un valore complessivo di 280550 euro e comprendono gli immobili di via Maddalena ad Arienzo, immobile intestato alla moglie di Ferraro per donazione paterna; gli immobili ricadenti nel comune di Caserta e precisamente in via Marchesiello con annessa zona di terreno in fase di completamento e agricola e sulla via Provinciale per Tuoro, tutti completi di arredamento.

Ferraro e sua moglie, non accettando la disposizione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, attraverso il loro legale hanno fatto ricorso lamentando l’illegittimità dell’Agenzia del Demanio a promuovere un incidente di esecuzione in fase di accertamento dell’elenco dei beni oggetto di provvedimento ablativo.

Sono inammissibili tali ricorsi per la Suprema Corte poiché “sulla questione della legittimazione dell’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati, era legittimata all’accertamento della sussistenza e dell’ammontare dei crediti come terzo interessato a intervenire nel giudizio tramite l’Avvocatura dello Stato”.