AFRAGOLA/PIEDIMONTE MATESE/LUSCIANO. “Carissimo Giuseppe ti ringrazio per questo tuo impegno nei confronti dei frati, io sono mortificato, perché mai avrei voluto che si giungesse a questo. Ti chiedo perdono e ti assicuro la mia preghiera per te e per la tua famiglia. Un abbraccio e una benedizione”.
E’ il testo del messaggio agli atti dell’indagine dei carabinieri e della Procura di Napoli Nord che il frate Nicola Gildi (foto) originario di Lusciano ed arrestato ieri in un convento di Piedimonte Matese con l’accusa di rapina aggravata in concorso e violenza sessuale, invia all’imprenditore Giuseppe Castaldo, l’ 8 aprile scorso, il giorno dopo l’incontro durante il quale, secondo gli inquirenti, è stata formulata la richiesta finalizzata a ‘risolvere’ il problema dei cellulari sui quali c’erano tracce compromettenti delle condotte sessuali sue e dell’altro frate arrestato, don Domenico Silvestro, parroco della Basilica Pontificia di Sant’Antonio da Padova di Afragola, ritenuto responsabile solo del reato di violenza sessuale. Pochi minuti dopo Castaldo risponde al messaggio: “Nicola, io sono devoto a sant’Antonio e alla Chiesa ma soprattutto mi avevano detto che sei una brava persona e di cuore, domenica ho avuto conferma, mi fa piacere averti conosciuto ci vediamo presto grazie per le preghiera per la mia famiglia”.
Agli atti dell’inchiesta, oltre le intercettazioni, c’è una lettera degli avvocati delle due vittime degli abusi indirizzata ai due religiosi, acquisita dai carabinieri e dalla Procura di Napoli Nord. I legali sollecitavano i pagamenti per le prestazioni lavorative erogate dalle due vittime nei monasteri, e nella lettera si faceva anche riferimento ai rapporti sessuali subiti in cambio di assistenza di carattere sociale e lavorativa: alle vittime sarebbe stato garantito un impegno retribuito in ogni luogo di culto in cui i due frati si trovavano a svolgere le proprie funzioni religiose. La lettera avrebbe innescati la reazione: padre Gildi chiede aiuto a Castaldo, il quale invia Danilo Bottino e Biagio Cirillo, lo scorso 26 aprile, ad impossessarsi dei telefoni cellulari delle vittime.
I due sfondano la porta dell’abitazione e, armati di una mazza da baseball (“dammelo altrimenti ti spacco la faccia, ti uccido”), hanno cercato di farsi consegnare i cellulari, obiettivo fallito a causa della reazione dei due minacciati, uno dei quali rimasto ferito. Bottino, per evitare che le forze dell’ordine potessero risalire a lui, ha anche denunciato falsamente il furto della sua auto alla stazione dei carabinieri di Marigliano, usata per recarsi a casa delle vittime dell’aggressione.