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Carburanti e clan, 71 a processo: imprenditori pronti a testimoniare

 

SAN CIPRIANO D’AVERSA/SANTA MARIA CAPUA VETERE/MADDALONI (red.cro). E’ stata fissata per la prossima udienza di giugno la testimonianza in aula dei commercianti di carburanti di San Cipriano d’Aversa (Raffaele Diana e figli) al processo che si svolge davanti al tribunale di Lagonegro – ma spostato a Salerno per motivi logistici – dove sono imputati gli stessi Diana ed altri commercianti di prodotti petroliferi del Casertano, tra cui Tommaso Di Rosa della Gaffoil di Santa Maria Capua Vetere.

Il caso di contrabbando di carburanti, in odore di camorra Casalese e tarantina proviene da due inchieste che tre anni fa hanno fecero scattare 45 misure cautelari (26 in carcere, 11 ai domiciliari, 6 destinatari di divieto di dimora e due misure interdittive per altrettanti militari) e messo sotto processo, a piede libero, 71 persone. Rispondono, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione a delinquere finalizzata alla commissione di frodi in materia di accise ed Iva sugli olii minerali, intestazione fittizia di beni e società, riciclaggio, autoriciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita. Oltre a Raffaele Diana, Vincenzo e Giuseppe e Di Rosa, 77 anni, furono coinvolti il 38enne Salvatore Di Puorto, anche lui di San Cipriano d’Aversa ed altri: Antonio De Martino, 58enne di Mondragone; Bruno Mario Diana, 89enne di San Cipriano; Flavio Diana, 49enne di Casapesenna; Francesco e Giovanni Friozzi, di 70 e 42 anni, entrambi di Pastorano; Antonio e Michele Gallo, di 45 e 82 anni, residenti a San Marco Evangelista; Fulvio e Salvatore Antonio Leonardo, di 42 e 57 anni, originari di Pietramelara; Antimo Menale, 85enne di Trentola Ducenta; i sammaritani Mariateresa Moschese, 47enne, e Luigi Papale, 67enne e Francesco Pascarella, 52enne di Maddaloni.

Il processo è arrivato dopo tre anni di intensa attività investigativa condotta dai finanzieri e dai carabinieri di Salerno e di Taranto. Un lavoro complesso, basato su intercettazioni, appostamenti e riscontri documentali, che avrebbe fatto emergere le ingerenze della criminalità organizzata casertana e pugliese nel mercato illecito degli idrocarburi nella zona di Vallo di Diano e del Tarantino. L’azione dei militari dell’Arma e delle fiamme gialle ha prodotto due filoni di inchiesta: quello pugliese ha puntato i riflettori sul clan Cicala, l’indagine di Potenza, invece, su un’ipotetica organizzazione criminale che attraverso Raffaele Diana avrebbe favorito gli interessi del clan dei Casalesi.