Casal di Principe (red cro). Di cosa potrebbe parlare Francesco Schiavone detto Sandokan dopo quasi 27 anni di carcere trascorsi tra Parma e L’Aquila. Le risposte e le ipotesi si sono alternate oggi negli ambienti giudiziari e nei corridoi del tribunale tra giuristi e investigatori. Nel 2018 si parlò di una forma tumorale, oggi dicono che sia stata una scusa – dopo l’accertamento di una forma benigna – per il suo trasferimento a L’Aquila peraltro avvenuto già da qualche tempo confermando che la collaborazione è stata già avviata da qualche mese e non ieri. In 180 giorni dovrà fornire elementi riscontrabili, pena la decadenza della collaborazione.
Alcuni dei suoi stretti familiari, sono rimasti spiazzati da questa decisione e alcuni di loro si sarebbero rifiutati di abbandonare le loro abitazioni per essere trasferiti in una località protetta.
Lui che chiamava infami i collaboratori ora si pente. Tra gli argomenti che potrebbe affrontare ci sono gli omicidi commessi da altri camorristi (oggi forse molti dei quali ultra settantenni o morti; i restroscena della verità sulla scomparsa misteriosa di Antonio Bardellino o altri particolari sul delitto di Don Diana avvenuto nel 1994 quando la primula rossa era libera e aggiornata sui fatti di camorra. Dichiarazioni datate: così gli inquirenti giudicarono quelle di Salvatore Belforte che non fu accolto, in questo caso, nell’Olimpo dei pentiti quasi come se fosse un criminale di serie B. La notizia rimette in ogni caso in campo i cosiddetti professionisti dell’antimafia e soprattutto scomparsi dopo la sconfitta di vari clan nel Casertano da parte delle forze dell’ordine.