AVERSA. Tra sospensioni ed interrogatori proseguono di pari passo l’iter giudiziario e quello amministrativo nell’inchiesta sui furbetti del cartellino al Comune di Aversa.
L’altro giorno si è tenuto l’interrogatorio più atteso, quello di Paolo Ruscigno, unico agli arresti domiciliari ed i pensione da sei mesi. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip Ruscigno ha respinto le accuse mosse dalla Procura di Napoli Nord, affermando che compensava i ritardi mattutini uscendo di sera dal Comune, ma senza percepire lo straordinario.
Il suo difensore, avvocato Maurizio Abbate, ha chiesto la revoca degli arresti domiciliari. Intanto la Commissione Ufficio Provvedimenti Disciplinari del Comune di Aversa ha attivato il procedimento disciplinare per i dipendenti comunali coinvolti nell’inchiesta: prevista la sospensione cautelare dello stipendio per il 50%, per salvaguardare l’assegno alimentare
L’indagine
Dell’indagine si sapeva da tempo, visto che lo scorso anno i finanzieri del Gruppo di Aversa avevano acquisito proprio negli uffici comunali i documenti sulle presenza dei dipendenti. L’inchiesta, che riguarda l’anno 2022, è stata coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord (Procuratore Maria Antonietta Troncone) e vede come indagati in totale 22 dipendenti, che rispondono tutti del reato previsto dalla Legge Brunetta di false attestazioni di presenza in servizio; solo al dipendente finito ai domiciliari, andato peraltro in pensione lo scorso anno, è stata contestata la truffa aggravata ai danni di un ente pubblico con il conseguente sequestro di 9100 euro, somma che equivale a quanto percepito indebitamente nel 2022.
Per lui l’accusa è di aver sfruttato la possibilità di prestare servizio all’esterno per conto del Comune – era addetto l’ufficio fogne ed acquedotto – per presentarsi a lavoro alle 10 del mattino e assentarsi durante l’orario di ufficio. Dalle indagini delle Guardia di Finanza è invece emerso che il lavoratore era a casa, al bar o fare altri servizi; per coprire la sua condotta, il dipendente avrebbe alterato la macchina marcatempo, inserendo un codice relativo al lavoro esterno, che però non svolgeva.
Gli altri dodici lavoratori colpiti dalla misura del divieto di dimora si scambiavano invece il badge per timbrare il cartellino ma non sono emerse per ora nei loro confronti condotte truffaldine. Determinanti per le indagini le telecamere installate dalla Gdf nei pressi della macchina marcatempo, delle buste paga e dei tabulati delle presenze.