CASERTA – Siamo nel periodo della produzione dell’olio d’oliva e anche in tantissime zone del casertano la raccolta delle olive sta procedendo. Sia la vendita artigianale che quella effettuata dalla grande distribuzione ha avuto dei rincari record. Si pensi che nel giro di un anno i prezzi sono aumentati del 37% e il trend non si invertirà per almeno i prossimi 2 anni.
Come mai l’olio d’oliva ormai viene venduto a prezzi d’oro così come lo zucchero? Il problema non è soltanto l’inflazione che ha colpito un po’ tutti i settori ma anche il calo della produzione dovuta principalmente ai cambiamenti climatici. L’annata 2022-2023 ha visto una sensibile diminuzione della raccolta e della resa delle olive da spremitura, che in Italia ha raggiunto un minimo del -27%, secondo solo alla Spagna dove la produzione è calata addirittura della metà.
La minor produzione di olio d’oliva accompagnato da una domanda costante sopratutto per gli amanti della cucina mediterranea, hanno fatto schizzare il prezzo alle stelle. Se l’olio d’oliva spagnolo prima veniva venduto a 3-5 euro al litro, adesso si trova a 10 euro al litro nei supermercati. Un aumento che non è diverso nel nostro paese dove se una bottiglia da 1 litro al supermercato qualche anno fa si vendeva a 4-5 euro, adesso supera gli 8-10 euro. Prezzi davvero folli.
Anche quello venduto dai frantoi o privatamente nelle nostre zone non è da meno. Facendo una ricerca sui social, l’olio d’oliva di produzione artigianale viene venduto a prezzi che vanno dai 6 agli 8 euro per olio di produzione pugliese di qualità dubbia. Per olio d’oliva nostrano certificato i prezzi partono dagli 8 euro a salire. Trattandosi di vendite artigianali effettuate in genere da privati cittadini, bisogna porre attenzione alla qualità.
Da cosa deriva questo calo di produzione? sicuramente il cambiamento climatico ha contribuito. Assenza di piogge a settembre, siccità e ondate pesanti di maltempo, hanno abbassato di molto la produzione. Un trend che più passano gli anni più è destinato ad aumentare. Secondo una stima a livello globale la produzione dei raccolti potrebbe ridursi fino al 12% entro la metà del secolo. Una percentuale destinata ad aumentare al 25% entro il 2100.