Sannio. Le imprese italiane arrancano per mancanza di lavoratori specializzati: ne servono un milione e non si riescono a trovare tra i due milioni di disoccupati, di cui 800 mila circa in età compresa tra i 15 e i 34 anni.
Lo rileva in uno studio la Cgia, sottolineando come ci siano molte persone, soprattutto giovani, senza una occupazione. Mentre tante aziende devono rinunciare a una quota importante degli ordinativi perchè non hanno personale a sufficienza per evadere le commesse.
Dal 2017 a settembre 2023, si evidenzia, l’incidenza percentuale di difficoltà di reperimento è più che raddoppiata. Se sei anni fa solo il 21,5% degli imprenditori faticava a trovare nuovo personale, nella rilevazione del mese scorso la percentuale è salita al 47,6%.
E’ evidente che nei prossimi anni la tendenza è destinata a salire ulteriormente Dai dati di Unioncamere-Anpal – spiega la Cgia – emerge un elenco delle prime 50 figure professionali difficili da reperire. Introvabili sono i saldatori ad arco elettrico, i medici di medicina generale, elettronici, addetti alle telecomunicazioni, gli intonacatori (compresi stuccatori, decoratori e cartongessisti), i dirigenti d’azienda (di istituti scolastici privati e di strutture sanitarie private), gli ingegneri. Di questo blocco, in 8 casi su 10 la ricerca è vana.
Altrettanto difficili da trovare sono meccanici collaudatori, infermieri e ostetriche, tecnici elettronici, tappezzieri e materassai, operai addetti a macchinari per la filatura e bobinatura, saldatori e tagliatori a fiamma, ingegneri elettronici, elettrotecnici e operai addetti ai telai meccanici per la tessitura e maglieria: in 7 casi su 10 le ricerche rimangono scoperte. Al Nord, si legge nel report della Cgia, si cercano soprattutto addetti alla pulizia, camerieri e commessi. Al Sud muratori e, anche qui, camerieri e commessi. Tra le quattro ripartizioni geografiche del Paese, invece, le maggiori difficoltà sono nel Nordest.
A Bolzano nel 2022 l’incidenza percentuale più alta, il 52,5%. Seguono Pordenone (52%) e Gorizia (48,8%), e poi Pavia (48,3%), Trento (47,9%), Udine (47,8%), Bologna e Vicenza (47,7%), Lecco (46,9%) e Padova (46,8%). Sebbene il livello di disoccupazione nel Sud si aggiri mediamente sul 15%, anche in questa ripartizione un nuovo posto di lavoro su tre ha rischiato di non essere coperto. Le punte più alte sono a Chieti e L’Aquila con il 43,6%, a Caltanissetta (40,5%), Cagliari (39,2%), Brindisi e Sassari (39%), Siracusa (38,8%), Isernia, Matera e Pescara (38,5%), Benevento (38,1%).