Calvi Risorta. È disponibile da oggi su tutte le piattaforme digitali l’album “Odeporico”. Un lavoro musicale nato dalla collaborazione di tre artisti desiderosi di fare musica insieme miscelando le loro peculiarità.
L’album è composto da otto brani (di cui sei inediti e due rivisitazioni) che danno vita a un suono unico nei quali si fondono alla perfezione il sax baritono del caleno Andrea Abbadia, il contrabbasso di Stefano Battaglia e l’handpan e le percussioni di Michele Villetti.
I brani sono nati tutti nello studio di registrazione. Proprio lì i tre musicisti hanno dato spazio all’improvvisazione che li ha portati e porterà gli ascoltatori in un vero e proprio viaggio musicale nel jazz.
A parlarci del nuovo album sono proprio i tre musicisti:
– Come è nata questa la collaborazione artistica?
Andrea Abbadia: «Ho conosciuto prima Michele Villetti ed è nata subito empatia, il connubio tra handpan e sax baritono è fantastico. Michele poi mi ha proposto di chiamare Stefano Battaglia che è stata la persona giusta al momento giusto. È nata una collaborazione fantastica sia a livello musicale che umano, i brani sono nati in modo naturale senza forzature e il nostro viaggio musicale ci ha visti camminare fianco a fianco senza protagonisti».
– Mi parli del titolo dell’album, perché “Odeporico”?
Michele Villetti: «Odeporico è il percorso che rappresenta la conoscenza durante il viaggio, mettendo in primo piano la sensibilità propria non rivolta verso l’arrivo alla meta, bensì alla trasformazione spirituale che il viaggio stesso desta sovente nell’anima dell’uomo. L’idea di questo nome è quindi scaturita dal percorso conoscitivo che abbiamo portato tutti e tre in questo progetto, nel quale i nostri viaggi personali ed artistici si sono mescolati in una unica via conoscitiva, in una parola sola ODEPORICO».
– Quanto alla copertina del disco, vuole spiegare ai lettori cosa rappresenta?
Michele Villetti: «La copertina è una restilizzazione di una immagine reale ripresa dall’alto, che vede una balena che durante una battuta di caccia crea delle bolle a forma di spirale per imprigionare il plankton. Come molti sanno la spirale è una figura sia esoterica che alchemica e riguarda principalmente la sezione aurea. Ci sono molti motivi quindi che ci hanno spinto a optare per questa immagine, ma preferiamo non svelare troppo. Il viaggio odeporico che avrà l’ascoltatore del nostro progetto avrà quindi da scoprire, oltre alla musica, i significati della copertina».
– L’album contiene otto brani di cui sei inediti e due cover. Come nascono questi brani e come nasce la scelta di queste cover?
Stefano Battaglia: «Nell’album è forte la componente dell’improvvisazione. Odeporico significa viaggio conoscitivo, in questo caso è anche un viaggio attraverso i suoni, le sonorità degli strumenti, di chi li suona. Con questo album devo dire che ci siamo conosciuti più a fondo anche tra i membri del trio, perché nell’improvvisazione free si da spazio a quella voce segreta che viene dall’inconscio. I brani inediti vengono da idee melodiche o armoniche che ognuno di noi ha portato in studio e che poi sono state estese in modo collettivo, suonandole e accogliendone lo sviluppo che via via hanno preso. Abbiamo deciso anche di fare due omaggi: il primo alla tradizione jazz americana, a Duke Ellington, con una rivisitazione tutta nostra del brano ‘In a sentimental mood’; nel secondo caso, abbiamo voluto inserire una nostra versione della colonna principale del film ‘Interstellar Space’ di Christopher Nolan, che pensiamo si adatti alla perfezione alle sonorità del nostro trio».
– Da dove nesce l’idea di un brano in contrabbasso solo in questo progetto?
Stefano Battaglia: «Mi piace pensare all’improvvisazione come ad un linguaggio, una comunicazione e che i vari strumenti siano come degli attori che recitino, comunichino il messaggio a chi li ascolta. Come spesso accade sul palco nelle rappresentazioni teatrali, o nei film, ci sono dialoghi, monologhi e voci recitanti. In questo caso il contrabbasso solo è come un personaggio che dice la sua, che sta interpretando un monologo, alternandosi, nella tessitura generale dell’album, della rappresentazione, a quei momenti i cui si hanno dialoghi o azioni collettive».
– C’è un brano che avete più a cuore tra tutti e perché?
Andrea Abbadia: «Non c’è un brano specifico a cui siamo affezionati, ogni brano ha le sue caratteristiche e qualità specifiche. Io personalmente se dovessi sceglierne uno che identifica di più il disco è Osmosi! Sax e contrabbasso si rincorrono su un magico tappeto creato dall’handpan come odeporica congiunzione verso noi stessi».