CASAPESENNA. Poco fa è stata emessa la sentenza nei confronti di Oscar Vesevo, il poliziotto imputato presso il tribunale di Napoli Nord per la scomparsa di una pen drive dal covo di via Mascagni a Casapesenna in cui fu stanato il super boss dei Casalesi Michele Zagaria; un supporto che per gli inquirenti – la Dda di Napoli – avrebbe contenuto i segreti del capoclan.
Il pubblico ministero della Dda, al termine della sua lunga requisitoria, aveva invocato una condanna a 7 anni di reclusione. L’agente è stato condannato a 4 anni e 6 mesi per peculato, ma è stato assolto dai reati di corruzione e accesso abusivo a sistemi informatici in uso alla polizia e quindi anche dall’aggravante mafiosa.
Secondo la tesi dei pm anticamorra, invece, avrebbe venduto per 50mila euro la pen drive ad un imprenditore ritenuto colluso con il clan dei Casalesi, Orlando Fontana, che però in un altro processo è stato assolto da questa accusa per mancato raggiungimento della prova. Un dettaglio che potrebbe essere stato comunque decisivo.
In una precedente udienza il poliziotto (difeso da Giovanni Cantelli) ha ricordato quella mattina del 7 dicembre 2011, quando fu catturato il capo dei Casalesi; allora era alla Squadra Mobile di Napoli. “Eravamo in quattro nel corridoio della casa di Rosaria Massa e Vincenzo Inquieto (i due coniugi arrestati e condannati per favoreggiamento), io sapevo dove era il bunker, e così scavavamo; c’era poi un poliziotto della Mobile alla fine del corridoio che controllava che non entrasse altra gente, visto che davanti casa c’erano tantissime persone”.