CASERTA. Sessantuno chiarimenti sono stati richiesti dalla Regione Campania al Comune di Caserta in relazione alla realizzazione del Biodigestore, l’impianto di trattamento dei rifiuti umidi da 40mila tonnellate che dovrebbe sorgere a Ponteselice, area industriale del capoluogo a poche centinaia di metri dai centri abitati e dalla Reggia di Caserta.
Un impianto la cui localizzazione è stata sempre avversata da associazioni e movimenti di cittadini, che la ritengono troppo a ridosso della città, e su cui lo stesso sindaco Carlo Marino, almeno durante l’accesa campagna elettorale per le comunali dell’ottobre scorso, aveva manifestato perplessità, lasciando presagire che l’ubicazione dell’impianto potesse cambiare per venire incontro alle richieste della cittadinanza; cosa per ora non avvenuta, visto che il progetto finanziato dalla Regione insiste sull’area di Ponteselice, e per modificarne la location bisogna cambiare progetto e avviare da capo la procedura.
La stessa Regione vuole però vederci chiaro prima di rilasciare parere di verifica di assoggettabilità alla Via (Valutazione di impatto ambientale) e dare dunque disco verde alla realizzazione del Biodigestore. E per questo, sollecitato anche dalle osservazioni tecniche avanzate dai movimenti cittadini come “Caserta Decide” e “Osservazione” in relazione al nuovo Studio preliminare ambientale (Spa) che il Comune ha inviato alla Regione il 10 gennaio scorso – passo necessario per ottenere il rilascio del parere positivo sull’impatto ambientale – lo staff tecnico-amministrativo della “Direzione generale della Regione per il ciclo integrato delle acque e dei rifiuti, valutazione e autorizzazione ambientali”, ha scritto al Comune una copiosa lettera in cui lamenta mancanze nello Studio preliminare ambientale e chiede numerosi chiarimenti, ad iniziare dalla proprietà delle aree dove dovrebbe sorgere il Biodigestore, ovvero se i terreni siano o meno nella titolarità della società Firema-Titaghar, azienda che produce carrozze ferroviarie situata proprio a Ponteselice.
Le richieste al Comune
La Regione chiede al Comune di “fornire un planimetria delle opere e prospetti e profili delle strutture da realizzare con indicazione di tutte le dimensioni utili alla loro valutazione in termini ambientali, specificare la quantità di compost sia in tonnellate giorno che in tonnellate anno attese, fornire la stima dell’effettivo fabbisogno di recupero dei rifiuti da parte del Comune di Caserta e la stima della reale capacità dell’impianto, indicare se l’impianto sarà utilizzato anche da altri comuni della Provincia di Caserta”.
La Regione osserva che nello studio “manca il calcolo dei volumi di scavo ed un loro eventuale riuso, manca la stima delle emissioni in atmosfera di inquinanti, manca la stima delle emissioni connesse al traffico veicolare indotto, mancano informazioni in merito alle distanze dell’impianto di abitazioni, centri commerciali, altre attività industriali e attività sociali, manca una valutazione degli eventuali impatti cumulativi con le altre industrie poste all’intorno dell’area, non vengono fornite indicazioni sullo stoccaggio di reflui e non vengono fornite indicazioni in merito alla produzione del percolato, non vi sono informazioni in merito ad eventuali misure di prevenzione incendi dei rifiuti stoccati ed in lavorazione, manca una analisi del rischio esaustiva e completa di tutte le fasi dei processi che si intende realizzare nel sito.
Nello Studio del Comune, osserva inoltre la Regione, “viene riportato che il sito interessato dalle opere è individuato come sito potenzialmente contaminato” per cui “si nutrono perplessità in merito alla possibilità che le acque meteoriche possano essere smaltite mediante pozzi drenanti”. Al punto numero 61 infine, la Regione chiede al Comune di “trasmettere la dichiarazione del o dei professionisti firmatari dello Studio Preliminare Ambientale del gennaio 2022, nella quale gli stessi dichiarano sotto la propria responsabilità di essere in possesso delle competenze e professionalità specifiche nelle materie afferenti alla valutazione ambientale del progetto”. Il Comune ha trenta giorni per rispondere alla Regione.