SANTA MARIA CAPUA VETERE. Sono 108 imputati e uno stuolo di circa duecento avvocati, sistemati in due aule collegate virtualmente: sono i numeri dell’udienza preliminare del processo per le violenze avvenute i sei aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, che partirà domani davanti al gup Pasquale D’Angelo, in cui sono imputati poliziotti della penitenziaria e funzionari del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria). Numeri ancora approssimativi, almeno per quanto concerne gli avvocati, visto che saranno presenti anche i legali dei detenuti vittime delle violenze; domani se ne saprà di più. Ma intanto l’aula bunker del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che sorge a fianco al carcere dove sono avvenuti i fatti, si prepara ad ospitare uno dei processi più complessi degli ultimi anni, tanto sotto il profilo delle contestazioni – per la prima volta in Italia viene contestato il reato di tortura, introdotto nel 2017, a quasi cinquanta pubblici ufficiali – quando sotto il profilo organizzativo; in passato altri importanti processi si erano svolti all’aula bunker, come quello all’ex sottosegretario Nicola Cosentino, ma si trattava di procedimenti con poche parti in causa.
Il presidente del tribunale sammaritano Gabriella Casella assicura comunque che “è tutto pronto”. “L’edificio – spiega la Casella – è stato ristrutturato di recente, e abbiamo ottenuto dal Ministero l’installazione dello stesso circuito di videoconferenza presente al tribunale centrale”.
In aula potrebbero essere presenti in teoria tutti i 108 imputati: di questi solo venti sono attualmente ristretti ai domiciliari, ma potrebbero comunque essere autorizzati a venire in aula liberi. A carico dei venti ancora in arresto (tra cui gli ufficiali della penitenziaria Pasquale Colucci, Anna Rita Costanzo, Gaetano Manganelli) il Gup D’Angelo renderà nota domani mattina nel corso dell’udienza la decisione sulla richiesta di proroga della misura dei domiciliari avanzata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere (Aggiunto Alessandro Milita e sostituti Daniela Pannone e Alessandra Pinto).
I fatti si verificarono il 6 aprile di un anno fa e i reati contestati a vario titolo sono la tortura, le lesioni, l’abuso di autorità, il falso in atto pubblico e la cooperazione nell’omicidio colposo del detenuto algerino Lakimi Hamine. Un’indagine che si avvale delle immagini delle telecamere di videosorveglianza interne che hanno ripreso quei momenti definiti “un’orribile mattanza” dal gip di Santa Maria Capua Vetere Sergio Enea, che il 28 giugno scorso emise 52 misure cautelari, spedendo otto agenti in carcere, 18 ai domiciliari, e disponendo tre obblighi di dimora e 23 misure di sospensione dall’attività lavorativa per poliziotti e funzionari, tra cui l’allora capo del Dap in Campania Antonio Fullone (tuttora interdetto dal servizio). Le telecamere ripresero i detenuti mentre venivano costretti a passare in un corridoio formato da agenti penitenziari con manganelli e caschi, subendo calci, pugni e manganellate; anche un detenuto sulla sedia a rotelle fu colpito mentre altri furono letteralmente trascinati per le scale e presi a calci. Tra i quasi trecento detenuti vittime dei pestaggi c’era anche l’algerino Lakimi Hamine, deceduto il 4 maggio 2020 dopo essere stato tenuto in isolamento dal giorno delle violenze; per la morte di Hamine sono indagati in dodici, tra cui l’allora comandante della Polizia Penitenziaria del carcere di Santa Maria Capua Vetere Gaetano Manganelli, l’ex provveditore Antonio Fullone, due medici e quegli agenti che erano nel reparto di isolamento. Dopo il 6 aprile – ha accertato la Procura – iniziò inoltre l’attività di depistaggio da parte di agenti e funzionari con certificati medici falsificati per dimostrare che gli agenti avevano subito violenze dai detenuti.
A rischiare il processo, oltre a Fullone e Manganelli, vi sono Pasquale Colucci, comandante del gruppo di ‘Supporto agli interventi’, tuttora agli arresti domiciliari, Tiziana Perillo, comandante del Nucleo Operativo Traduzioni e Piantonamenti di Avellino, Nunzia Di Donato, comandante del nucleo operativo ‘Traduzioni e piantonamenti’ di Santa Maria Capua Vetere, e Anna Rita Costanzo, commissario capo responsabile del reparto Nilo (ai domiciliari).