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Nell’inferno del focolaio, detenuto contagiato rischia la gamba: “Deve essere curato”

 

SANTA MARIA CAPUA VETERE. Quarantuno positivi, molti dei quali curati in condizioni non idonee e qualcuno rischia anche la gamba. Arrivano di ora in ora notizie preoccupanti dalla casa circondariale Uccella dove è in atto un focolaio Covid.

Tra i casi più difficili c’è quello di un detenuto positivo che ha bisogno di cure specifiche per le vene varicose e – secondo la consorte – rischia di perdere la gamba che sta andando quasi in cancrena. “Lo hanno trasferito al piano inferiore dopo la positività: ha le vane varicose e problemi seri alle gambe. Dovrebbe essere curato adeguatamente ed invece lì non avviene.” dichiara la moglie del recluso Maurizio Volsi, originario di Scauri.

“In queste celle con le finestre rotte anche col virus sono in pericolo. Mio marito deve scontare ancora 13 mesi ma con la sua patologia la gamba rischia di andare in cancrena molto prima”.

Preoccupata anche la penitenziaria

“Il focolaio Covid nel carcere di Santa Maria Capua Vetere non si attenua, anzi al contrario cresce. Apprendiamo che sono diventati 40 i detenuti positivi nel penitenziario casertano dove si va avanti solo con giri di tampone a campione e non si raccoglie la nostra sollecitazione per l’Open Day vaccinazione, come avviene ‘fuori’, anche per accelerare la somministrazione della terza dose” ad affermarlo è il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria (Spp), Aldo Di Giacomo per il quale “l’esperienza della prima ondata di diffusione della pandemia non ha insegnato nulla se non ad accrescere la ‘campagna buonista’ di ampi settori della politica e dell’informazione per il ‘liberi tutti’ come unico metodo di prevenzione dal Covid”

“Siamo di fronte ad un film già visto: senza un piano di intervento straordinario e di emergenza – aggiunge Di Giacomo – si esaspera la tensione interna ai penitenziari riproponendo lo stesso clima che abbiamo conosciuto nella primavera dello scorso anno con le numerose rivolte. I due tentativi di rivolta nel carcere di Taranto, in pochi giorni – continua il segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria – dovrebbe essere invece interpretato come campanello d’allarme”. E “si sottovaluta un altro aspetto: dopo i fatti di Santa Maria Capua Vetere con tutto il personale penitenziario dato in pasto all’opinione pubblica come violento e crudele la delegittimazione potrebbe produrre non pochi problemi per contenere le rivolte”

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