SAN FELICE A CANCELLO/SANTA MARIA CAPUA VETERE/FRIGNANO. Quel termine usato, anzi quasi abusato quando si parla di contagio, “focolaio”, stride in maniera tristemente beffarda con la situazione che stanno vivendo molti detenuti della casa circondariale Uccella di Santa Maria Capua Vetere.
Tra i 41 casi attualmente riscontrati all’interno del penitenziario c’è anche Luca Affinita, 39 anni, sanfeliciano della zona Ponti Rossi. “Lucariell”, soprannome emerso anche nelle carte di una delle ultime inchieste sullo spaccio nella Valle di Suessola, è ritenuto il braccio destro di Alessio Biondillo e con questa accusa è in carcere da luglio in attesa di giudizio (la prima udienza è fissata per l’11 gennaio).
Un blitz avvenuto mentre si completava la campagna vaccinale per la fascia d’età 30-40 e proprio qui le vicende giudiziarie si intersecano con quelle relative alla pandemia. Affinita infatti non è vaccinato e cinque giorni fa ha contratto il Covid19 in quello che ormai è diventato un focolaio interno al carcere e partito dal reparto Nilo, quello dove Affinita era recluso.
Le testimonianze delle famiglie
Le sue condizioni preoccupano però i familiari non tanto per la gravità dei sintomi quanto per la difficoltà di assicurare una degenza dignitosa a lui come ad altri reclusi come conferma la moglie del 39enne, che ha testimoniato il disagio subito fin dalla comunicazione del contagio: “Mio marito è risultato positivo al Covid-19 lunedì 6 dicembre. Non è vaccinato, e gli avevano detto che era negativo ma l’ASL di Maddaloni mi ha contattata di mattina personalmente e mi ha riferito l’esito positivo”.
La consorte ha saputo dunque in tempo reale del contagio e delle ulteriori restrizioni fermo restando già la sospensione dei colloqui a favore delle videochiamate: “Quando mi ha chiamata nel pomeriggio non sapeva ancora nulla; alle 21:30 di sera lo hanno messo nelle celle del piano inferiore al Danubio con sintomi non gravissimi, ma senza medicina, finestre rotte, acqua a terra, freddo e in condizioni disumane.”
La preoccupazione è dunque che in queste condizioni, con la temperatura che di notte sfiora lo zero, la situazione possa precipitare. “Un malato Covid non può essere curato in celle del genere perché ha bisogno di un posto più decente. A mio marito manca tutto: da Antibiotico e Vitamine ad un riscaldamento. Al freddo così non resisterà a lungo”.
Altri casi: dal Nilo al Danubio
Il disagio peraltro riguarda la quasi totalità dei reclusi che si sono infettati nel reparto Nilo: in simili condizioni c’è anche Francesco Tessitore, 25 anni, di Frignano, finito nei guai dopo aver provato a speronare alcune vetture durante un inseguimento. Anche lui è stato trasferito al Danubio come Affinita ed è nelle stesse condizioni come evidenzia la moglie di Tessitore: “Mio marito è in isolamento in condizioni disumane, senza riscaldamento e senza medicine. Non mangia ed ha dolori. Ho chiesto a tutti, anche ai garanti. Spero di poter incontrare la direttrice”.
La madre di Ciro Riviercio, anche lui recluso e contagiato, è pronta ad andare a denunciare il tutto ai carabinieri: “Sono in celle con finestre rotte senza medicinali. Non vogliono farmaci da noi, per portare anche un plaid devo aspettare lunedì. Sono pronta ad andare in caserma a denunciare questa situazione”.
Disperazione anche nelle parole della moglie di Massimiliano Muto, originario di Dugenta e poi trasferitosi a Qualiano: “La situazione è critica, molto critica. Sono esposti al contagio e c’è grande rischio di infettarsi. Peraltro le cure non sono adeguate”.
La Garante dei Detenuti provinciale Emanuela Belcuore che sta seguendo la vicenda aveva da tempo chiesto maggiore incisività nella campagna vaccinale.