Pochi sanno che durante la Repubblica Napoletana, tra il 1647 e il 1648, il governo rivoluzionario coniò moneta propria.
La rivolta che portò alla proclamazione di una repubblica destinata, tuttavia, ad avere vita breve, scoppiò il 7 luglio del 1647 quando il pescivendolo e contrabbandiere Tommaso Aniello da Amalfi, detto Masaniello (1620 – 1647) si mise a capo di una sommossa popolare scatenata dall’insostenibile pressione fiscale inflitta dal governo vicereale spagnolo, che affamava il popolo partenopeo.
La rivolta andò a buon fine, tanto che Masaniello fu persino ricevuto a parlamento dal Viceré per siglare un accordo, ma ben presto gli ex compagni del capopopolo tramarono per la sua eliminazione: il 16 luglio, dopo essere stato freddato da una scarica di archibugiate, il corpo di Masaniello fu decapitato e la testa portata al Viceré, a testimonianza della sua morte.
Dopo l’uccisione di Masaniello, la rivolta continuò capeggiata dall’armaiolo Gennaro Annese (1604 – 1648), che arrivò a scacciare gli Spagnoli da Napoli e a proclamare la Repubblica il 7 dicembre 1647. Fu in questo periodo che il governo repubblicano iniziò a battere moneta propria.
Una delle più suggestive monete repubblicane è senza dubbio quella da 15 grana in argento, da 4,92 g. Al dritto, la moneta presenta uno scudo coronato, contenente l’iscrizione SPQN (Senatus Popolus Que Neapolitanus); al verso, invece, il busto di San Gennaro benedicente. Per avviare la monetazione, il governo repubblicano riaprì la vecchia zecca dell’Arsenale e iniziò la raccolta dei metalli preziosi (rame, argento e oro) destinati al conio.
La monetazione repubblicana ebbe, tuttavia, vita brevissima: il 5 aprile 1648 gli Spagnoli, dopo aver sconfitto le ultime resistenze repubblicane al forte di Nisida, rientrarono a Napoli sopprimendo definitivamente la Repubblica.
Oggi, sul mercato numismatico, la moneta da 15 grana della Repubblica Napoletana ha un valore che supera i 950,00 euro.