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Imbottito di oppiacei dopo botte, le ultime parole prima di morire: “Saluta mamma”. Per gip fu suicidio

 

 

 

SANTA MARIA CAPUA VETERE. E’ la storia certamente più cruda da raccontare e che più entra nella mente di chi sta seguendo la vicenda da giorni quella di Lamine Hakimi, detenuto straniero affetto da schizofrenia, morto a quasi un mese dalla mattanza.

 

Tra i video agli atti dell’inchiesta figura anche quello che ha documentato le violenze inflitte ad un 27enne detenuto algerino affetto da schizofrenia trovato morto in cella il 4 maggio 2020.

Lì c’era finito a colpi di manganello trascinato per la maglia, la sera della “perquisizione straordinaria” disposta dopo le proteste del giorno precedente. L’uomo figurava tra i 15 carcerati del reparto Nilo classificati come pericolosi. La sua morte fu, per l’ufficio inquirente guidato dal procuratore Maria Antonietta Troncone, frutto delle violenze subìte quasi un mese prima. Un’ipotesi non sposata però dal gip Sergio Enea che invece ha classificato quel decesso come un suicidio. Il giovane, a detta di molti altri detenuti, assumeva oppiacei, neurolettici e benzodiazepine che gli infermieri gli somministravano affidandosi “a un’ inopportuna autogestione terapeutica”.

 

“Vomitava sangue”

Secondo i carcerati una prassi. E più ne chiedeva, più gliene davano, quando era nel reparto Nilo. Ma in isolamento la somministrazione dei farmaci subì un arresto e lui non faceva altro che lamentarsi, gridare e chiedere aiuto. Era dolorante, alle costole, alle gambe ma soprattutto al capo. Durante il trasferimento sferrò un pugno a uno degli agenti scatenandone la reazione: gli schiacciarono la testa contro il pavimento e, a colpi di bastone venne trascinato in reparto. In cella, per 3-4 giorni, è rimasto su un letto spoglio senza parlare, lo stesso sul quale la mattina del 4 maggio è stato trovato senza vita.

 

“Aveva sempre dolore alla testa e vomitava sangue”, hanno riferito alcuni detenuti ascoltati dai pm. La sera prima chiese a un altro carcerato che gli dava un pò di assistenza di salutargli la mamma. Ad ammazzarlo sarebbe stata una quantità tossica di farmaci assunti in rapida successione che avrebbe causato un edema polmonare acuto e poi un infarto.