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Dynasty, svolta per moglie e figlio del ras: la sentenza per 5

 

MARCIANISE/CAPODRISE. In queste ore la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni con le quali lo scorso 30 aprile si è espressa sull’operazione Dynasty che svelò un giro di usura che riguardava i Musone e gli Zarrillo.

Si salvano dalla scure degli ermellini solo madre e figlio: la Suprema Corte ha infatti annullato con rinvio a una sezione della Corte di Appello per Simmaco Zarrillo e Maddalena Delli Paoli, rispettivamente figlio e moglie del ras dei Belforte Francesco Zarillo detto Sarocchia, in riferimento però a quattro capi di imputazione. La pena di 6 anni comminata ad entrambi e già abbassata rispetto al primo verdetto dovrà essere rideterminata.

Dichiarata invece irrevocabile l’affermazione di responsabilità per un capo nei confronti di Eremigio Musone, condannato a 8 anni e 6 mesi e all’epoca fermato dalle fiamme gialle mentre stava per partire per Amsterdam. Confermate anche le condanne di Francesco Tammaro (6 anni e 8 mesi) e Angelo Musone (1 anno e 4 mesi).

Le ipotesi contestate a vario titolo erano quelle di usura, estorsione, riciclaggio, abusivismo finanziario, trasferimento fraudolento di valori, con l’aggravante dell’utilizzazione del metodo mafioso.  L’inchiesta evidenziò l’esistenza di un’intensa attività usuraia perpetrata in modo sistematico e quotidiano attraverso continue richieste di denaro in danno delle numerose vittime. Le pressioni esercitate sulle persone offese, soggette a gravi e frequenti atti di intimidazione, le ponevano in una condizione di paura e totale soggezione.

A causa del timore di subire gravi ritorsioni, gli imprenditori usurati, a fronte dei prestiti ricevuti, dovevano corrispondere interessi elevatissimi in una spirale perversa che li ha portati in una situazione di grave dissesto finanziario e sul ciglio del fallimento. Le vittime, seppur inizialmente reticenti perché costrette al silenzio, a seguito delle indagini svolte dalla Fiamme Gialle, poste di fronte ai fatti, hanno confessato di essere da decenni vittime degli appartenenti al clan camorristico.  Sulla base dei dati raccolti, è stato quindi dettagliatamente ricostruito il “giro d’affari” della consorteria criminosa e, attraverso un puntuale esame della documentazione bancaria, sono stati determinati gli interessi usurai applicati, che, in alcuni casi, hanno superato la soglia del 120%.