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La figura ed il suono di Sant’Antuono, la lettera di don Rosario: “Bottari è carnevalesco”

Macerata Campania. Antonio era giovanissimo quando ha deciso di seguire Gesù, vendendo tutto per i poveri: aveva 18 anni.
Una domenica in chiesa, sentì leggere gli Atti degli Apostoli, dove si narra che i primi cristiani vendevano tutto quello che avevano e lo portavano agli apostoli. Ne rimase profondamente impressionato.

 

La domenica seguente si leggeva il passo del vangelo dove Gesù dice: “Se vuoi essere perfetto va, vendi quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi”(Atanasio di Alessandria, “Antonio abate. La sua vita”, Sources Chrétiennes, Edizioni Studio Domenicano (12), Bologna 2013, pp. 153-155).
Antonio sente che quelle parole dette da Gesù nella Messa sono proprio per lui. Vende tutto quello che ha, lo dà ai poveri, affida la sorella che sarebbe rimasta sola a delle donne cristiane, e si dona completamente a Dio.
Incarna il comandamento: “Ama Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze”.
La scelta di Antonio non è stata facile!
“Il diavolo, odiatore del bene e invidioso, non sopportò di vedere in un giovane un tale proposito, e tutte le mali azioni che gli erano abituali si ingegnava ad applicarle anche contro di lui” (Atanasio di Alessandria, “Antonio abate…”, 165).
Cosi, il diavolo fece di tutto per convincerlo a tornare indietro “insinuandogli il ricordo dei beni posseduti, la cura che doveva alla sorella, i legami familiari, l’amore del denaro, della gloria, il successo, la lussuria” (Atanasio di Alessandria, “Antonio abate…”, 165).
Una notte “il Nemico, il diavolo, lo coprì di percosse al punto che per i tormenti giaceva a terra senza voce” (Atanasio di Alessandria, “Antonio abate…”, 179).
Certo, Antonio insegna che non bisogna temere i demoni, ma è necessario non farsi imbrogliare: “I demoni non sono nulla, e per di più svaniscono velocemente, soprattutto se ci si protegge con la fede e con il segno della croce” (Atanasio di Alessandria, “Antonio abate…”, 227).
Tutte le loro pratiche, Infatti, per la grazia del Signore, non portano a nulla” (Atanasio di Alessandria, “Antonio abate…”, 233).
Antonio, dunque, ha lottato con i demoni e ha vinto, confidando nell’Amore di Dio.

 

I bottari

 

Il nome principale dei carri fa rifermento alla testimonianza di fede dell’abate sant’Antonio: i carri di sant’Antuono.
Chiamare i carri “bottari”, come nome principale e più frequente, non solo perdono il riferimento a sant’Antonio abate, ma rischiano di andare inesorabilmente verso il carnevale o verso una sorta di “musica di piazza” a pagamento.
Inoltre, possiamo considerare il significato del suono dei carri di sant’Antuono come segno della lotta contro il Nemico, il diavolo, che “va in giro, come un leone ruggente, cercando chi divorare”.
Perciò, il suono comporta l’impegno ad “essere cittadini degni del Vangelo”, lottando contro ogni forma di male.
Il diavolo cerca di ingannare Antonio con tutti i mezzi possibili per terrorizzarlo, presentandosi sotto forma di animali del luogo dove egli si trovava: “fiere, serpenti, iene…”.
“Antonio, compreso l’inganno del Nemico, disse a tutti loro: ‘Se avete ricevuto facoltà contro di me, sono pronto ad essere divorato da voi, ma, se mi siete stati lanciati dai demoni, ritiratevi senza indugio, poiché sono un servitore di Cristo’.

 

Mentre Antonio diceva questo, fuggirono, inseguiti dalla sferza della sua parola”(Atanasio di Alessandria, “Antonio abate…”, 313).
La parola di Antonio, nella nostra tradizione, passa dalla sferza contro il diavolo alla forza della benedizione.
Da qui, la benedizione degli animali domestici, per liberarli da ogni male: la benedizione degli animali è un dono molto prezioso per i contadini, essendo gli animali un bene necessario di sostentamento.
Così, benedire il fuoco, per intercessione dell’abate
Antonio, significa renderlo buono, come san Francesco rese buono il lupo di Gubbio.
La benedizione del fuoco è un altro importante dono per i contadini.
Antonio esorta ad avere fiducia nella misericordia di Dio, così scrive al suo amico Teodoro:
“Antonio saluta nel Signore il diletto figlio Teodoro! Sapevo che Dio non avrebbe fatto alcuna cosa se non per rivelare ai profeti suoi servi la sua salvifica dottrina. Credevo perciò di non doverti manifestare quanto il Signore da tempo mi aveva rivelato. Ma, dopo che ho visto i tuoi confratelli che erano con Teofilo e con Copre, ho ritenuto di comunicarti la rivelazione: molti di coloro che adorano il Cristo secondo verità peccano anche dopo essere stati battezzati, e questo accade un po’ dappertutto, il Signore cancella tutti i loro peccati. Nel giorno in cui questa mia lettera ti sarà consegnata, leggila dunque ai tuoi fratelli perché essi ne possano trarre giovamento. Salutali da parte mia, così come i miei salutano te. Ti auguro ogni bene nel Signore” (Antonio abate, Ottava lettera, A Teodoro).
L’abate sant’Antonio muore il 17 gennaio 356, all’età di 105 anni. Lascia a tutti la sua sapienza raccolta dai suoi discepoli in 120 detti e in 20 Lettere.
Ai suoi e a noi egli scrive: “Chiedete con cuore sincero quel grande Spirito di fuoco che io stesso ho ricevuto, ed esso vi sarà dato” (Lettera 8)

 

Don Rosario Ventriglia