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L’ex ras Letizia torna a parlare al processo e svela la cassa dello spaccio del clan

 

MARCIANISE. Quando scattò il blitz, ormai due anni fa, Primo Letizia di quell’organizzazione era un referente di spicco. Secondo la Dda è stato lui a guidare le redini del gruppo Piccolo-Letizia per un lasso di tempo breve ma rilevante ai fini investigativi.

 

Ora è una delle carte più importanti in mano all’Antimafia per ricostruire quando lo spaccio abbia finanziato le casse di un sodalizio criminale dato quasi per morto dopo la faida di camorra persa e gli arresti in serie, ma risorto proprio grazie all’affare ed ad un asse sviscerato anche ieri in aula, quello coi caivanesi.

 

Nell’udienza del processo in Appello nei confronti di 24 imputati già condannati in primo grado nel processo Unrra Casas e tenutasi ieri al tribunale di Napoli, Letizia – in videocollegamento dal carcere – ha toccato proprio questo punto svelando i conti del clan in riferimento alla gestione delle piazze di spaccio e gli introiti. Ha spiegato anche i dettagli del sistema del “cavallo di ritorno” col quale si rifornivano dai caivanesi pagandoli poi una volta piazzata la merce nelle piazze di spaccio marcianisane.

L’inchiesta

L’indagine “Unrra Casas” è stata svolta dal mese di settembre 2014 al maggio 2015 ed ha permesso di contrastare il dilagante fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti nei comuni di Marcianise, Capodrise e Maddaloni e di accertare la commissione di plurime cessioni di sostanza stupefacente, operate in regime di monopolio avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e omertà di cui all’art. 416 bis, c.p., nonché al fine di agevolare le organizzazioni camorristiche denominate “Belforte” e “Piccolo- Letizia”.

I legami con i cavainesi

Non è elemento nuovo per gli inquirenti il legame tra clan marcianisani e cosche caivanesi nel business dello spaccio soprattutto di cocaina: ma se negli ultimi anni i rapporti sono stati quelli tra clienti e fornitori, ora la faccenda cambia. La possibilità di apertura di una piazza di spaccio in una città dove fino a pochi anni i due clan (Piccolo e Belforte) riuscivano ad avere propri canali di rifornimento non appare un’utopia in una delle inchieste chiave relative al narcotraffico sull’asse Colombia-Olanda-Campania.