Marcianise. Si sono già rivolti al premier Conte in un’occasione, ma poi l’emergenza Coronavirus ha oscurato ogni altra vicenda. A due settimane dalla scadenza decisiva, i lavoratori dello stabilimento Jabil di Marcianise (Caserta), impegnati da mesi in una complessa vertenza con l’azienda che potrebbe portare al licenziamento di 272 addetti su 630, tornano a farsi sentire dal Governo con un’accorata lettera indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, e ai ministri Stefano Patuanelli (Sviluppo Economico) e Nunzia Catalfo (Lavoro e Politiche Sociali), che contiene un’esplicita “richiesta di aiuto” e quasi una preghiera di “continuare a lavorare”.
“Vorremmo ricordare a voi Istituzioni – scrivono i lavoratori – la nostra vertenza. A giugno scorso la multinazionale americana ha aperto una procedura di mobilità per circa la metà dei lavoratori in organico. Grazie alle iniziative intraprese nei mesi scorsi, si è
ottenuta una proroga della cassa integrazione che scade il prossimo 23 marzo, data in cui l’azienda ha già ribadito la volontà di procedere con 275 licenziamenti. Si sono susseguiti svariati accordi di ammortizzatori sociali che noi tutti, pur non condividendoli in pieno, ci siamo adeguati a rispettare. Tanti colleghi, volontariamente, hanno deciso di aderire ai progetti di reimpiego, nonostante le mille paure che accompagnano scelte che ti cambiano la vita. Tutte le organizzazioni sindacali Fim, Fiom, Uilm e Failms, stanno ribadendo a gran voce la necessità di verificare, grazie al Decreto Mille Proroghe, la possibilità di ulteriore CIGS con il solo
lo scopo di continuare a gestire il progetto di ricollocazione presso le aziende che si sono rese disponibili ad assorbire i lavoratori eccedenti, ma purtroppo il management Jabil continua a ribadire un secco ‘no’ ad altra CIGS, e conferma le 275 lettere di mobilità. Abbiamo quindi bisogno di un forte intervento ministeriale e governativo, di tutte le forze politiche affinché si interceda con la Direzione Jabil per trovare delle soluzioni alternative. Riteniamo inutile ricordare la situazione economica e lavorativa del Sud, dove la parola lavoro è sinonimo di incubo, angoscia e scoraggiamento. Presidente, Ministri, Onorevoli, abbiamo poco tempo,
chiediamo di evitare quello che tra pochi giorni sarà un dramma sociale con conseguente disagio di ordine pubblico, chiediamo solo di avere la possibilità di continuare ad avere una vita dignitosa, e di poter continuare a guardare serenamente negli occhi i nostri figli” conclude l’appello.