CASAL DI PRINCIPE. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza con la quale nel dicembre 2012 la Corte d’appello di Napoli ha condannato a 11 anni di reclusione l’avvocato Michele Santonastaso per l’accusa di associazione di stampo camorristico con il clan dei Casalesi.
Lo rendono noto i suoi legali l’avvocato Claudio D’Isa e Maurizio Giannone. La Cassazione ha anche disposto un nuovo giudizio dinnanzi a un’ altra sezione della stessa Corte di Appello. Santonastaso fu accusato di partecipazione ad associazione a delinquere di stampo mafioso, per aver fatto da tramite tra il capo di una delle quattro fazioni del clan dei Casalesi, Francesco Bidognetti, recluso in carcere in regime di 41 bis, e i suoi uomini trasmettendo a costoro messaggi del boss che l’avvocato riceveva nel corso dei colloqui.
Il professionista fu condannato, in primo grado, dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con sentenza del 19 dicembre 2012 ad anni undici di reclusione, condanna confermata dalla sentenza del primo febbraio 2018, dalla Corte d’Appello di Napoli. Durante il processo di appello «Spartacus», a carico di esponenti ed affiliati del clan dei casalesi, nel corso dell’udienza del 13 marzo 2010, Santonastaso lesse il noto proclama contro Roberto Saviano, Rosaria Capacchione e il magistrato Raffaele Cantone. In particolare, il legale avanzò istanza di ricusazione del Collegio giudicante leggendo una lettera, a nome dei suoi assistiti, capi del clan dei Casalesi e imputati nel processo, secondo la quale la Corte si lasciava influenzare dalle opinioni dello scrittore, della giornalista e del magistrato antimafia. La lettera fu interpretata come minatoria e il 26 settembre 2010, l’avvocato di Bidognetti venne arrestato.
«Abbiamo prospettato ai giudici della Cassazione – spiega l’avvocato Claudio D’Isa – le incongruenze motivazionali della sentenza della Corte d’Appello, evidenziando che i giudici di secondo grado, riprendendo pedissequamente la motivazione della sentenza del Tribunale, avevano basato la condanna dell’avvocato Santonastaso su dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ritenute dai difensori del tutto generiche e non suffragate da riscontri oggettivi».
La difesa di Santonastaso ha denunciato «l’illegittimità dell’ordinanza con cui la Corte d’Appello aveva rigettato la richiesta di rinnovazione dibattimentale per ascoltare un funzionario della Questura di Caserta a cui tra il 2006 e il settembre 2010 la DDA aveva delegato delle indagini sul professionista per accertare, in un analogo procedimento, collusioni e contatti con esponenti liberi del clan dei Casalesi. Le relazioni di servizio e le informative, sette in tutto, accertarono l’assenza di un qualsiasi contatto tra Santonastaso ed esponenti del clan, nonostante l’indagato fosse stato sottoposto ad intercettazioni telefoniche ed ambientali nella autovettura a lui in uso, nello studio, sul balcone dello stesso e nel cortile adiacente, nonché a pedinamenti anche con l’ausilio della tecnologia satellitare». L’archiviazione del procedimento parallelo, afferma D’Isa, «fece venir meno l’assunto dell’accusa secondo il quale l’avvocato Santonastaso trasmetteva all’esterno del carcere i messaggi del capo».
Il boss Francesco Bidognetti, inoltre, ricorda ancora l’avvocato Claudio D’Isa, «era stato assolto dall’accusa di aver continuato, sebbene detenuto in carcere dal 1993, a svolgere il ruolo di capo del clan dei Casalesi, lo stesso periodo a cui fa riferimento la contestazione sollevata nei confronti dell’avvocato Santonastaso».