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Sandokan ripudia il figlio pentito: la frase del boss gela l’aula

 

Casal di Principe. Una presa di distanza che va anche oltre la decisione dello scorso anno quando una parte consistente della famiglia Schiavone non aderì al programma di protezione, che scatta immancabile dopo la scelta di un familiare di diventare collaboratore di giustizia.

 

Un nome di peso, certamente, insieme a quello di Antonio Iovine, il pentimento più pesante nella storia del clan dei Casalesi, quello di Nicola Schiavone, primogenito del boss Francesco e chiamato a prenderne l’eredità nel primo decennio degli anni Duemila. Col pentimento del figlio che porta il nome del defunto genitore, il vecchio boss al 41bis traccia una linea di demarcazione netta.

 

Lo ha fatto ieri intervenendo in videocollegamento nel processo nel quale è imputato per l’omicidio di Giuseppe Quadrano. Nel corso dell’udienza Sandokan è intervenuto dicendo che “ciò che fa o dice mio figlio non mi riguarda più”.

 

Lo ha fatto nel corso delle dichiarazioni spontanee nel quale si è anche soffermato su uno dei giudici del collegio. L’omicidio risale al 1996: Giuseppe Quadrano, omonimo del killer di Don Diana, venne ucciso – secondo la Dda – per rappresaglia dopo la scelta proprio dell’altro Quadrano di pentirsi. Il postino pagò con la vita le vicissitudini delle esistenze altrui e la furia di una stagione macchiata dal sangue di molti innocenti.