Skip to main content

Clan e voti, Ciccio ‘e Brezza vuota il sacco per 7 ore: “Appalti, parentele e politici. Ecco la verità”

Capua. E’ un fiume in piena l’ex imprenditore Francesco Zagaria. Questa mattina “Ciccio ‘e  Brezza” ha tenuto banco per l’intera udienza del processo che vede coinvolti l’ex sindaco Carmine Antropoli e gli ex assessori Marco Ricci e Guido Taglialatela.

 

Più che un’udienza è stata una maratona durata quasi sette ore e nelle quali Zagaria ha sviscerato ogni aspetto, da quello della sua appartenenza ai Casalesi, agli accordi presi nella città di Fieramosca. Ha raccontato di aver cominciato ad intrattenere rapporti con i politici capuani fin dal 2006 quando un suo amico lo mise in contatto con Marco Ricci. Tutto cominciò – secondo il pentito – con un incontro a casa.

 

Zagaria si era già trasferito da tempo a Capua (“Era una questione di principio prendere gli appalti lì”), ma essendo originario di Casapesenna continuava a millantare la parentela col boss Michele Zagaria; proprio dopo la cattura dell’ex primula rossa “Ciccio ‘e Brezza” cominciò ad avere un ruolo sempre più centrale nelle vicende del clan. E poi i voti, i lavori, i rapporti personali. Un mosaico che ora i difensori degli imputati dovranno smontare nelle prossime udienze.

 

L’ex sindaco Antropoli è accusato dalla Dda di aver stretto un patto con Francesco Zagaria, detto “Ciccio ‘e Brezza”, dal nome della frazione di Capua dove risiede, considerato referente del boss omonimo Michele Zagaria. Un patto che avrebbe condizionato le elezioni comunali di Capua del 2016, cui Antropoli non si candidò perché era stato sindaco per due consiliature dal 2006 al 2016, facendo però candidare un proprio fedelissimo, che poi perse. Secondo i carabinieri ci sarebbe stato più di un incontro, sempre prima delle elezioni comunali del 2016, tra Antropoli e i due affiliati, in cui si parlava di politica.