Caserta/Aversa. Chiedono il pizzo ma non più solo in denaro. Anche ai clan ormai il posto di lavoro fa gola, anche di più dei benefit economici delle estorsioni. E’ così il pizzo si trasforma: dall’offerta “per i carcerati” diventa “il posto” per i liberi. E’ questo uno degli scenari più interessati svelato dalla relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia resa nota nella giornata di ieri.
Ecco il passaggio nel quale viene evidenziato tale modus operandi: “Tra i reati fine delle organizzazioni casertane un peso importante hanno le estorsioni, consumate non solo attraverso richieste di denaro ma anche di prestazioni d’opera gratuite, o di assunzione di affiliati presso le imprese taglieggiate: lo stato di soggezione delle vittime è tale da indurle a essere, spesso, reticenti anche davanti all’evidenza delle prove acquisite dagli investigatori.
Nel mese di gennaio è stato emesso un provvedimento restrittivo a carico di un pregiudicato, responsabile di estorsione ai danni di un commerciante di Lusciano, zona di influenza del gruppo BIDOGNETTI. Il destinatario della misura era già stato oggetto di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto del 2010, per un’analoga vicenda, in concorso con altri soggetti, legati al clan BIDOGNETTI.”
La “saldatura” con mafia e cosche romane
Sono note le saldature tra clan camorristi e organizzazioni criminali italiane di altra matrice regionale, che trovano conferma nella recente operazione denominata “Equilibri”, eseguita il 4 giugno 2019 dai Carabinieri nei confronti di numerosi affiliati al clan siciliano FRAGALÀ, costituito da un gruppo familiare stanziato a Torvajanica (RM). Dall’indagine sono emersi rapporti con il cartello dei CASALESI, con i quali si era realizzata una “saldatura” a tutela dei rispettivi interessi associativi, con l’elaborazione di strategie comuni e la condivisione di risorse economiche, riuscendo in tal modo ad impostare rapporti, su un livello paritario, con le altre qualificate organizzazioni presenti nel distretto romano, in particolare con i clan SENESE e FASCIANI e altre entità associative di matrice ‘ndranghetista e siciliana.
Parte importante dell’ossatura del sistema casertano sono le figure di imprenditori-camorristi che, come conclamato in numerosi procedimenti giudiziari, sono riusciti ad inserirsi in appalti per la realizzazione di opere pubbliche, con la spinta di organizzazioni camorristiche e la complicità di amministratori pubblici, ma anche a monopolizzare la gestione di interi comparti produttivi. Nel mese di marzo, i Carabinieri hanno eseguito un provvedimento cautelare in carcere nei confronti di un imprenditore, titolare di una società attiva nel settore della vendita e della distribuzione del pane sul territorio casertano e in parte di quello laziale, e di un affiliato di spicco del clan ZAGARIA.
Lavoro per il figlio dell’affiliato
I due soggetti, per conto del citato gruppo nonché del clan SCHIAVONE, stabilivano le strategie per investimenti nel settore immobiliare e commerciale. Il primo imprenditore, in particolare, pur non essendo intraneo all’organizzazione, effettuava in suo favore operazioni di investimento nel settore dell’intrattenimento,
ne curava gli interessi nelle aste immobiliari e le attività strumentali ad acquisire il controllo degli appalti pubblici nel comune di Grazzanise. Si prestava, inoltre, a fornire occasioni di lavoro in favore del figlio di un affiliato e a elargire somme di denaro in favore della fazione SCHIAVONE, ricevendone quale corrispettivo la possibilità di utilizzare la forza di intimidazione del clan per agevolare le proprie attività.