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Samuel, il bimbo di Portico che ha commosso l’Italia: “Cerchiamo cura, solo 20 casi al mondo”

Portico di Caserta. Come Samuel ce sono solo altri 20 al mondo. Un caso rarissimo. Una battaglia durissima per la sua famiglia, incarnata nello spirito di suo padre e soprattutto sua mamma Lorena che ha aperto la pagina “NALCN cercasi __ una cura per Samuel”.

NALCN è il gene affetto da anomalia che impedisce al bimbo di Portico di Caserta di camminare e parlare. La sua storia dal Casertano ha commosso l’intera Italia, grazie al tam tam sui social. A Natale anche il blog di Beppe Grillo si è interessato della storia e della sfida social lanciata dalla madre per aiutare Samuel e soprattutto trovare una cura.

Samuel ora è in cura a Firenze in una struttura all’avanguardia ma la pagina è utilizzata come diario di bordo per far conoscere a più persone possibili la sua storia creando un fronte comune su questa battaglia.

“La terapia di Samu é iniziata a 10 mesi, troppo tardi, se fossimo stati ben consigliati, avremmo dato il via, molto prima, a queste danze… Con enorme opposizione da parte sua, lo portavo 5 volte a settimana al centro riabilitativo, per le sedute di fisioterapia, abbiamo iniziato che, il suo stato, era paragonabile a quello di un pupazzo, una bambolina di pezza, fatta di sorrisi e lacrime…

Tutto questo a lui non é mai piaciuto, avrebbe preferito stare a casa, nel suo ambiente, fra le sue cose, fra le mie braccia…specialmente fra le mie braccia, a 10 mesi eravamo già arrivati ad un buon numero di ricoveri, Samu era traumatizzato e terrorizzato da qualunque cosa non fosse casa… L’epilessia non aveva ancora fatto la sua entrata in scena, almeno, non in maniera evidente…ci spiava, come da una porta socchiusa, in attesa del momento giusto…
Quindi, l’unico impedimento, all’epoca, alle terapie di Samuel, era proprio Samuel…

Il primo ostacolo da superare é stata la paura, la diffidenza, nei confronti della terapista che, con tanta dolcezza, ha cercato di farsi accettare… I primi tempi ho partecipato in maniera attiva alle sedute, per poi mano a mano lasciarlo solo… Posso dire di aver fatto anche io l’inserimento, seppur non a scuola e ricordo l’angoscia nel chiudermi alle spalle quella porta, il dispiacere, nel sentire la sua disperazione, il pensiero continuo, “si abituerà”… e la consapevolezza che, a differenza dell’asilo, tutto quello, non era un gioco.”