Marcianise. E’ una verità giudiziaria parziale, sia perchè è tracciata da un verdetto di primo grado, sia perchè è stata riscritta una parte dell’impianto accusatorio.
Maria Buttone è stata condannata all’ergastolo per la prima volta nella sua vita, per essere stata la mandante dell’omicidio dell’amante di suo marito, ma, in parziale accoglimento delle richieste formulate dall’avvocato Dario Vannetiello, è stata assolta dal gup Emilia Di Palma da tre episodi di estorsione pluriaggravati nonchè è stata esclusa la sua qualità di capo della associazione camorristica denominata clan Belforte. Per il giudice non ha guidato il clan Belforte, dopo la scarcerazione avvenuta proprio nelle festività natalizie del 2015, quando era in Romagna per un tragico scherzo del destino, proprio con la figlia della donna che secondo il tribunale aveva fatto uccidere.
L’omicidio di Angela Gentile infatti non rientra in dinamiche di camorra, ma in una vicenda di tradimenti che toccava il marito della Buttone e la sua amante che fu fatta sparire nel 1991. Saranno i successivi due gradi di giudizio a stabilire la fondatezza o meno di una serie di cavilli giudiziari sollevati dall’avvocato Dario Vannetiello in merito alla utilizzabilità o meno delle dichiarazioni rese da ben cinque pentiti – Michele Froncillo, Paolo Di Grazia, Francesco Paccone, Luigi Autiero, Salvatore Caterino – che nel corso degli anni hanno individuato il movente dell’omicidio ed i protagonisti.
Domenico Belforte, difeso dall’avvocato Massimo Trigari, rispondeva del solo delitto di omicidio della sua ex amante, si è autoaccusato ed è stato condannato ad anni 30 di reclusione. Lui è in cella da ormai 20 anni, mentre la moglie Maria Buttone è libera anche dopo la sentenza che non è esecutiva, essendo di primo grado e attende l’esito del procedimento.
Sia Mimì Mazzacane che la moglie sono stati accusati di essere i mandanti dell’omicidio, mentre non sono stati mai identificati gli esecutori materiali. La donna, secondo la Dda, avrebbe ordinato il delitto dopo aver saputo della nascita di una figlia dalla relazione del marito con la Gentile. Condannati a 20 anni ciascuno Antonio Bruno e Antonio Della Ventura accusati, nell’ambito della stessa inchiesta, dell’omicidio del netturbino Antonio Piccirillo, ucciso nel 1996. Condannata a 4 anni Alessandra Golino, convivente di Salvatore Belforte, figlio del boss Domenico che, insieme alla Buttone avrebbe obbligato alcuni imprenditori a pagare il pizzo di Natale. Nel processo sono impegnati gli avvocati Massimo Trigari, Dario Vannetiello e Alessandro Barbieri.