Casal di Principe. C’è anche l’ombra dell’ultimo degli Schiavone nell’inchiesta che ha portato i carabinieri del nucleo investigativo di Caserta ad arrestare 17 persone. Nella notte i militari dell’Arma hanno effettuato anche una serie di perquisizioni e tra le abitazioni controllate – come riferito dalla collega Marilena Natale – c’è stata anche l’ex fortino della famiglia Schiavone di via Bologna a Casal di Principe, dove il solo Ivanhoe.
Quest’ultimo è finito nel mirino dell’inchiesta per intestazione fittizia di beni. Nel corso delle indagini è emersa anche la vicenda dei lavori al bagno di casa che sarebbero stati realizzati gratuitamente da un imprenditore. Il gip non ha disposto comunque nessuna misura per Ivanhoe Schiavone che infatti resta libero.
In particolare, sono finiti in manette figli di esponenti storici del clan che continuavano a portare avanti, con la supervisione dei padri in carcere, tutte le attivita’ illecite. In carcere sono finiti Giacomo Capoluongo, ritenuto l’attuale cassiere del clan, Salvatore Fioravante, referente nella zona di Trentola e San Marcellino per le estorsioni e lo spaccio di droga, Oreste Diana, figlio di Giuseppe, e Giuseppe Cantone, figlio del boss Raffaele. Dall’attivita’ investigativa, iniziata nel 2016, che ha trovato anche molte reticenze da parte di imprenditori, sintomo che il potere del clan riesce ancora ad influenzare, e’ emerso che Giacomo Capoluongo raccoglieva i soldi delle estorsioni, dello spaccio e del traffico di armi nell’agro aversano, assumendo un ruolo di primo piano all’interno dell’organizzazione; Oreste Diana ha continuato l’attivita’ del clan restando “come suo padre, fedele agli Schiavone e uomo di fiducia del figlio del boss, Ivanhoe”, e si e’ occupato personalmente delle piazze di spaccio nonche’ della gestione di un un punto scommesse intestato a prestanomi e situato a Trentola Ducenta; Giuseppe Cantone insieme a Diana e a Salvatore Della Volpe sarebbe stato molto attivo nella gestione delle piazze di spaccio; Salvatore Fioravante invece oltre che della droga si sarebbe occupato dell’approvvigionamento delle armi.
Il gruppo imponeva il ‘pizzo’ a imprenditori dell’agro aversano, arrivando anche a chiedere 60mila euro per lavori nelle abitazioni. L’approvvigionamento della droga avveniva attraverso due corrieri n quartiere di Napoli di Secondigliano, ma anche attraverso un gruppo di albanesi che fornivano al gruppo di Schiavone armi e droga importate dall’Albania attraverso porti della Puglia. Gli albanesi gestivano anche delle proprie piazze di spaccio a Mondragone e Castel Volturno, oltre al giro di prostituzione.