Nazionale. La Grand Chamber della Corte Europea dei Diritti Umani, che non è legata all’Ue ma al Consiglio d’Europa, ha respinto ieri, tra gli altri, il ricorso presentato dall’Italia contro la sentenza del 13 giugno 2019 sul cosiddetto ergastolo ostativo, cioè il carcere a vita che non prevede benefici né sconti di pena, applicato in Italia per reati gravissimi come l’associazione mafiosa o il terrorismo, in assenza di collaborazione con la giustizia da parte del condannato. Lo ha comunicato la Corte poco fa. Con quella sentenza, che riguardava il caso di Marcello Viola, i giudici di Strasburgo hanno stabilito che la condanna al carcere a vita “irriducibile” inflitta al ricorrente viola l’articolo 3 della Convenzione Europea sui Diritti umani.
Strasburgo: “Trattamenti inumani e degradanti”
L’ergastolo ostativo, ‘bocciato’ oggi dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, e’ regolato dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, modificato dalla legge 356 del ’92. Prevede che le persone condannate per alcuni reati di particolare gravita’ e allarme sociale come mafia o terrorismo non possano accedere ai cosiddetti “benefici penitenziari” ne’ alle misure alternative alla detenzione: niente liberazione condizionale, niente lavoro all’esterno, niente permessi-premio e semiliberta’. Nei fatti, la pena massima che puo’ essere erogata nel nostro Paese, il carcere per sempre, con una unica eccezione, regolata anch’essa dall’ordinamento penitenziario (articolo 58 ter): la collaborazione con la giustizia da parte di chi, “anche dopo la condanna”, si adopera “per evitare che l’attivita’ delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori” ovvero aiuta “concretamente l’autorita’ di polizia o l’autorita’ giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura degli autori dei reati”.
L’ergastolo ostativo, introdotto dopo le stragi di Capaci e di via d’Amelio e in un momento storico nel quale si ritenne necessario rafforzare ulteriormente la lotta alla criminalita’ organizzata, lo scorso 13 giugno era stato censurato per la prima volta – a maggioranza – dalla Corte europea di Strasburgo per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che vieta “trattamenti inumani e degradanti”: il caso in esame riguardava Marcello Viola, condannato all’ergastolo per associazione a delinquere di stampo mafioso, sequestro di persona, omicidio e possesso illegale di armi. Uscito dal 41-bis, Viola aveva chiesto un permesso premio e la possibilita’ di accedere alla liberazione condizionale ma le sue domande erano sempre state rifiutate, proprio sulla base dell’articolo 4-bis non avendo mai collaborato. Contro la sentenza della Corte europea, il governo italiano ha presentato ricorso alla Grande Chambre, sottolineando come la mafia rappresenti la principale minaccia alla sicurezza italiana, europea e internazionale e ricordando che l’ergastolo ostativo e’ stato piu’ volte dichiarato conforme ai principi costituzionali dalla nostra Consulta. Per quest’ultima, infatti, “subordinando l’ammissione alla liberazione condizionale alla collaborazione con la giustizia, che e’ rimessa alla scelta del condannato, (la disciplina) non preclude in modo assoluto e definitivo l’accesso al beneficio, e non si pone, quindi, in contrasto con il principio rieducativo enunciato dall’articolo 27, terzo comma, della Costituzione”.
Il ricorso del detenuto e le possibili ricadute
Il ricorrente, Marcello Viola, nato nel 1959, fino al giugno scorso era detenuto nel carcere di Sulmona, nell’Aquilano, dove sconta condanne per reati tra i quali associazione mafiosa, omicidio, sequestro di persona, detenzione illegale di armi da fuoco. Tra il 2000 e il 2006 è stato sottoposto al regime carcerario speciale 41 bis; il 14 marzo 2006 il Tribunale di Sorveglianza ha accolto un ricorso di Viola e ha posto fine al 41 bis. Viola ha poi chiesto di poter lasciare il carcere con un permesso per due volte; in entrambi i casi la richiesta è stata respinta, perché il condannato non aveva collaborato con la giustizia, né era stato accertato che avesse rescisso i legami con l’associazione criminale. Nel 2015 il detenuto ha fatto ricorso, invano, poiché la concessione di permessi è condizionata alla collaborazione con la giustizia e all’interruzione permanente dei legami con la mafia; anche la Corte di Cassazione, il 22 marzo 2016, ha respinto le richieste di Viola. Il condannato ha fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani, che fa capo al Consiglio d’Europa, organizzazione internazionale che conta 47 Stati membri (da non confondersi con il Consiglio Ue e con il Consiglio Europeo, istituzioni dell’Ue), e non all’Unione Europea, sostenendo che l’ergastolo “irriducibile” viola l’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, che proibisce i trattamenti inumani e degradanti, e l’articolo 8, che prevede il rispetto per la vita privata e familiare. Per il detenuto, il regime carcerario cui è sottoposto è “incompatibile” con l’obiettivo della riabilitazione e della reintegrazione sociale del reo. Il ricorso alla Corte è stato depositato il 12 dicembre 2016
Commissione Antimafia: ora è rischio 41bis
“Ora è a rischio il 41bis”. Lo afferma, in diretta Fb, il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra dopo la decisione sull’ergastolo ostativo. “Il 41bis è il regime che controlla rigorosamente ogni forma di comunicazione – continua – nel 41bis non si può, né si deve comunicare perché, non avendo dato un segnale di ravvedimento, il detenuto è considerato ancora parte dell’associazione mafiosa”.