Marcianise. Sapeva di avere i giorni contati. Ciò che aveva visto lo aveva inquietato al punto da decidere di registrare una sua confessione su cassetta con i nomi degli assassini del suo amico che sarebbero potuti diventare anche i suoi. Siamo nel 1997, anni che grondano sangue a Marcianise, per la faida tra i Piccolo e i Belforte. I Mazzacane pochi mesi prima avevano ucciso un amico di Giovan Battista Russo detto “o’ pechinese”: secondo il pentito Bruno Buttone, che sedici anni dopo parlerà di quella stagione, tra i due delitti c’è correlazione al punto che Russo pensò prima di essere assassinato di lasciare traccia di ciò che aveva visto.
“Solo dopo l’omicidio ho saputo che forse la causa scatenante dell’eliminazione di Giovanbattista Russo fu la circostanza che lo stesso Russo si trovava al momento dell’omicidio nell’auto della vittima e aveva riconosciuto gli autori materiali”. L’ammissione di Bruno Buttone, ex boss dei Mazzacane ora pentito, è contenuta nell’ordinanza eseguita circa un mese fa dai carabinieri nei confronti di quattro affiliati del cartello criminale marcianisano.
“Addirittura si diceva che lo stesso Russo avesse registrato una cassetta nella quale aveva indicato come Belforte Domenico e Zarrillo gli autori di fatti violenti ai suoi danni proprio perchè riconosciuti da lui al momento dell’omicidio.” ha spiegato Buttone ai magistrati.
Il delitto, dunque, venne pianificato a casa del boss Salvatore Belforte, ma venne ordinato dal fratello maggiore Mimì: “L’omicidio avvenne proprio nel periodo in cui Domenico Belforte erano a Martinengo in provincia di Brescia per finire di scontare la pena in casa lavoro. Il mandato omicidiario mi fu dato direttamente da Domenico Belforte insieme a Gennaro Buonanno a casa di Salvatore Belforte in un’occasione in cui Domenico Belforte era tornato a Marcianise per un processo a suo carico. In quel momento Salvatore Belforte non era presente in quanto impegnato con altre persone in un’altra stanza nel suo appartamento.”