Marcianise. Non c’è un disegno unitario dietro i reati commessi. Con questa motivazione, resta nota in queste ore col deposito, nelle scorse settimane la settima sezione penale della Corte di Cassazione si è espressa sulla vicenda processuale di Pasquale Squeglia, 39enne di Marcianise, conosciuto col soprannome di “Core ‘ngann” per il particolare disegno tatuato sulla parte destra del collo e considerato uomo vicino al clan Belforte di Marcianise.
La difesa di Squeglia aveva chiesto di riunire le condanne, riconoscendolo il vincolo della continuazione delle sentenze. Una possibilità per rideterminare e quindi abbassare la pena da scontare. Già la Corte di Appello l’anno scorso si era opposta a questa strada, non rilevando la continuità temporale dei reati: per i giudici non era ammissibile che fossero basate su un unico disegno criminoso.
Nell’istanza alla Suprema Corte la difesa evidenziava in particolare la continuazione tra il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e le estorsioni. Pure per gli ermellini mancano però elementi per riunire i reati dietro un unico disegno criminoso.