“Rapporti tra la famiglia e il clan”, il boss Belforte al carcere duro

Marcianise. Nessuna apertura. Il boss Domenico Belforte resta al carcere duro: lo scorso 10 maggio la prima sezione della Corte di Cassazione ha infatti respinto il ricorso presentato dal legale Luca Cianferoni contro il provvedimento del tribunale di sorveglianza che di fatto prolungava, sulla scorta della relazione del Ministero, il regime del 41bis allo storico capo dei Mazzacane.

La difesa si era appellata ad alcune illegittimità, ma le motivazioni della Suprema Corte, rese note in queste ore, non lasciano scampo al 62enne padrino della camorra marcianisana. Gli ermellini hanno infatti messo sul piatto della bilancia “i rapporti conclamati tra il ricorrente e i vertici del clan Belforte”. Tali legami “imponevano di ritenere immutata la capacità di condizionamento criminale del territorio della consorteria camorristica in esame e persistenti i collegamenti tra il ricorrente e gli attuali vertici dello stesso sodalizio”.

Il collegamenti tra il clan e la famiglia sarebbero ancora dimostrati, secondo i giudici, dagli arresti avvenuti negli ultimi due anni della moglie Maria Buttone, del figlio Salvatore Belforte e del fratello Benito Belforte, tornato a Marcianise appena due settimane fa.

Quella di Belforte è stata ritenuta, dunque, ancora una “posizione egemonica” all’interno del clan. Il regime detentivo differenziato va avanti per il boss allo scopo di recedere ogni possibile legame con il contesto della criminalità organizzata marcianisana.

 

Exit mobile version