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La sentenza del Consiglio di Stato è chiara: il resto è realtà virtuale

San Felice a Cancello (AC). Oramai sembra diventata la sagra della notizia, dove tutti dicono la propria, senza avere un minimo di competenza e conoscenza della materia. Cerchiamo una volta per tutte, dunque, di fare chiarezza su una vicenda tanto chiacchierata, dove noi di Edizione Caserta siamo stati gli unici fin dall’inizio a predire in maniera corretta l’esito della sentenza dei ricorsi presentati dall’avvocato Labriola per Emilio Nuzzo.

Tanto è stato scritto, sia dai colleghi che da noi stessi, quindi arriveremo subito al dunque, senza tergiversare in maniera grossolana. La sentenza è chiarissima, al punto verso la fine c’è scritto: In ogni caso, la questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata

Il principio è quello della “onorabilità” valutato dalla Autorità Giudiziaria.

 

Oramai tutti conosciamo bene la questione di Nuzzo, del suo ricorso al TAR e al Consiglio di Stato, dove entrambi gli organi si sono pronunciati all’unisono con la bocciatura. L’oggetto del contenzioso è rappresentato dalla mancata sentenza di riabilitazione di Emilio Nuzzo dopo la sentenza di condanna patteggiata nel 2012.

Dove i magistrati hanno espletato in maniera dichiarativa che l’estinzione del reato, avvenuta per l’ex sindaco, di per sé non è sufficiente per la candidatura così come previsto dalla Legge Severino.

Ma facciamo un passo indietro…

Il Nuzzo fu destituito da sindaco dal Prefetto di Caserta nel 2013 in seguito ad una condanna, inflitta nel 2012, ad un anno e sei mesi per porto abusivo di armi, fatto accaduto nel 2006,che fece scattare la legge Severino. In merito a questa Legge e al ricorso conseguito del Nuzzo, si è detto tanto, forse anche troppo, senza  però avere l’appropriata e minima conoscenza giuridica-amministrativa da parte di molti giornali locali e non solo…anche se, come volevasi dimostrare, la verità è figlia del tempo, la quale verità ha dato ragione al nostro giornale, che fin dall’inizio si era pronunciato scettico sulla vittoria del ricorso, essendoci un grosso vizio di causa e di forma basilare in tutta la vicenda penale-Amministrativa, e cioè la MANCATA RICHIESTA DELLA SENTENZA DI RIABILITAZIONE ai sensi degli articoli 178 e seguenti del codice penale (art. 15, comma 3 del D. Lgs. n. 235/2012).Tale sentenza è un beneficio che può essere concesso solo a seguito di una pronuncia del Tribunale di sorveglianza con cui si riscontri che è decorso il termine fissato dalla legge “dal giorno in cui la pena principale è stata eseguita o si è in altro modo estinta, e il condannato ha dato prove effettive e costanti di buona condotta” ex art. 179, comma 1, c.p. (Cons. Stato, V, 31.1.2017, n. 386). La Corte di Cassazione ha difatti riconosciuto al condannato, la cui pena sia stata medio tempore estinta ex art. 445 c. 2 c.p.a., l’interesse a chiedere la riabilitazione, in quanto correlato ad una completa valutazione post factum, non irrilevante sul piano dei diritti della persona (ex plurimis: Cass. Pen., I, 18.6.2009, n. 31089 citata).

Pertanto, sebbene entrambi gli istituti – della riabilitazione e dell’estinzione della pena patteggiata – assicurino al condannato la cessazione degli effetti penali della condanna, essi non possono ritenersi sovrapponibili ed equiparabili, in quanto solo con la riabilitazione si acquista la certezza dell’effettiva rieducazione del reo, poiché l’estinzione ex art. 445 c.p.p. deriva dal solo dato fattuale del mero decorso del tempo. Nel caso di specie del Nuzzo, la domanda di riabilitazione sarebbe dovuta essere stata proposta dall’interessato, dunque dai suoi legali, al Tribunale di Sorveglianza territorialmente competente in relazione al proprio luogo di residenza, indicando i presupposti richiesti dalla legge (il decorso del tempo, l’avvenuta buona condotta e l’avvenuto pagamento degli obblighi risarcitori nascenti da reato).

Tale domanda poteva essere presentata direttamente dal condannato, ma nel procedimento è indispensabile l’assistenza di un difensore.

In ogni caso, è preferibile che il difensore assista il richiedente fin dalla proposizione della domanda per meglio documentare il percorso di buona condotta fino a quel momento effettuato dall’interessato.

La questione sottesa all’appello, è dunque se l’estinzione del reato e dei relativi effetti ai sensi dell’art. 445 c.p.p. costituisce estinzione anticipata dell’incandidabilità.

L’appello è infondato

 

Il Collegio richiama, condividendoli, i principi espressi da recenti precedenti della Sezione (7 maggio 2019, n. 294; 22 maggio 2018, n. 3067), secondo cui il comma 3 dell’art. 15, d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 ha previsto che “la sentenza di riabilitazione, ai sensi dell’art. 178 e seguenti del codice penale, è l’unica causa di estinzione anticipata dell’incandidabilità”: la norma non reca un’analoga previsione con riferimento all’estinzione del reato ex art. 445 c.p.p., ma anzi il riferimento all’aggettivo “unica” depone nel senso di ritenere che soltanto la riabilitazione sia stata considerata dal legislatore idonea a far venir meno l’incandidabilità.

 

Impugnare l’esito delle elezioni

 

Mentre per quanto riguarda questa famoso” conflitto di giurisprudenza” che consentirebbe a Nuzzo di impugnare l’esito delle elezioni, portandolo davanti allo stesso Consiglio di Stato, nella cosiddetta “seduta plenaria“, per intenderci, una sorta di Corte di Cassazione a sezioni riunite, una solenne convocazione di tutte le sezioni del Consiglio chiamate a confrontarsi e a dibattere su una materia controversa per provare a stabilire attraverso una sentenza su un fatto specifico, una giurisprudenza univoca…tutto ciò sarà una terza amara sconfitta, si vaga nel vuoto, nel nulla vago giurisprudenziale.

Emilio Nuzzo non è stato ben tutelato e consigliato dai suoi legali, dove in tale circostanza per una leggerezza o magari dimenticanza, ma di grosso peso Amministrativo, l’imprenditore di Via Fiume è stato tagliato fuori da un appuntamento politico-elettorale molto importante per le sorti della Valle di Suessola e di San Felice a Cancello. Data la circostanza, con la bocciatura del TAR e del Consiglio di Stato, riteniamo a questo punto inutile continuare ad appellarsi ed arrampicarsi ad un qualcosa di aleatorio. Ricordiamo inoltre che vicenda analoga è accaduta a Silvio Berlusconi, dove i legali del cavaliere, Niccolò Ghedini e Franco Coppi, esperti e profondi conoscitori della legge e del diritto amministrativo, hanno mediatamente depositato la richiesta di riabilitazione, l’istanza è stata accolta dal tribunale di sorveglianza di Milano, facendo sì che Berlusconi riottenesse la riabilitazione all’elettorato passivo, e dunque alla candidabilità.

“Ignorantia legis non excusat”