Caserta/Capodrise. Sono padre e figlio i due arrestati per il tentato omicidio del 17enne di Capodrise. Un’attività di indagine certosina portata avanti dai carabinieri della Compagnia di Marcianise, guidata dal capitano Luca D’Alessandro, ha permesso di arrestare Giuseppe e Gianfranco Rinaldi, rispettivamente di 45 e 19 anni, di Caserta. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata notificata a “Peppe a’ tigre”, storico parcheggiatore del capoluogo, proprio nel giorno del suo 45esimo compleanno.
Sono accusati del tentato omicidio di Fabio B., 17enne capodrisano, figlio di una nota famiglia di commercianti e speronato al termine di un inseguimento folle culminata in via Retella a Capodrise e partita da piazza Dante a Caserta, dopo una rissa. Decisivi i filmati delle telecamere di sorveglianza sistemate nei pressi dell’area dell’incidente.
(in copertina la foto dell’incidente)
Il primo lancio
Caserta/Capodrise. In data odierna, all’esito di una indagine diretta dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, i Carabinieri della Stazione di Marcianise hanno dato esecuzione all’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nei confronti di dine persone indagate, R.G. (classe ’74) e R.G. (classe ’99), ritenuti responsabili del reato concorso in tentato omicidio (artt. 110, 56 e 575
C.P.).
L’attività d’indagine trae origine da un incidente stradale, apparentemente accidentale, avvenuto a Capodrise in via Retella, che ha visto coinvolto un giovane, B.F.J., a bordo di un motociclo. Sin dagli accertamenti effettuati nell’immediatezza e dalle prime risultanze investigative emergevano alcune anomalie nella dinamica del sinistro, in conseguenza del quale il giovane conducente riportava lesioni molto gravi, tanto da versare per qualche giorno in stato di coma farmacologico.
Ebbene, risvegliatosi dal coma, il ragazzo riferiva ai congiunti prima ed ai militari operanti poi, che la dinamica del sinistro stradale che lo aveva visto coinvolto era tutt’altro che accidentale, essendo, per contro, riconducibile ad un’azione dolosa degli indagati, con i quali, poco prima aveva avuto una lite in Caserta, in seguito alla quale i predetti, a bordo di un’autovettura, speronavano il motoveicolo a bordo del quale viaggiava la persona offesa. In particolare, la vittima riferiva che nella serata tra il 20 ed il 21 Ottobre 2018 si trovava insieme ad alcuni suoi amici per trascorrere la serata in Piazza Dante del Comune di Caserta, luogo solitamente molto affollato e ritrovo dei giovani casertani.
Mentre stava consumando una bevanda in un bar, la sua attenzione veniva attirata da una rissa innescatasi poco distante da lui, durante la quale uno dei suoi amici era stato ferito con un pugno al volto da uno degli indagati. Il giovane prendendo le sue difese si scagliava contro l’aggressore del suo amico e colpendolo al capo con una bottiglia. Accortosi tuttavia di essere in minoranza, in quanto in loco era presente anche l’altro indagato, padre del primo, che aveva assunto fin da subito un contegno minaccioso e vendicativo nei confronti del ragazzo, si dava alla fuga a bordo del suo motociclo per timore di azioni ritorsive.
Ebbene, la versione dei fatti riferita dal ragazzo, appena si era svegliato dal coma, è stata
riscontrata dalle ulteriori risultanze investigative emerse grazie all’espletamento di diverse attività
di indagine, consistite nell’escussione di numerose persone informate sui fatti, nell’acquisizione
delle immagini riprese dai sistemi di videosorveglianza installati nei pressi dei luoghi in cui si
sono verificati i fatti per cui si procede, nonché nelle attività di intercettazione ambientale.
Previa richiesta della Procura della Repubblica, l’Ufficio GIP presso questo Tribunale applicava, quindi, ad entrambi gli indagati la misura cautelare della custodia in carcere in ordine al delitto di tentato omicidio, avendo riconosciuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza – avendo gli stessi, dapprima, inseguito a forte velocità la vittima che viaggiava a bordo del motoveicolo, intimandogli più volte di fermarsi per “fare i conti”, per poi speronarlo e facendolo così rovinare a terra, dove lo lasciavano riverso in gravi condizioni, senza prestargli soccorso -, nonché alla sussistenza di esigenze cautelari.