Caivano/Maddaloni. Un elemento prezioso per il clan, al punto che il ras dello spaccio del Parco Verde Pasquale Fucito era pronto a chiedere soldi anche agli altri capipiazza pur di garantire il “secondo stipendio” a Lazzaro Cioffi, il carabiniere infedele all’epoca in servizio a Castello di Cisterna.
E’ questo uno dei retroscena che emerge dall’indagine conclusa l’altra settimana dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli sull’organizzazione che gestiva lo spaccio a Caivano e per la quale a breve potrebbe cominciare il processo. Nel corso dell’inchiesta alcuni collaboratori di giustizia ha fatto luce sul ruolo di Cioffi, delineato come quello di “carabiniere corrotto, stipendiato dal Fucito per fornirgli informazioni riservate”, come emerge anche dall’ultimo pronunciamento della Corte di Cassazione che ha negato la scarcerazione sia all’ex carabiniere che alla moglie, Emilia d’Albenzio.
Due i pentiti chiave a disposizione dell’Antimafia: Lollo e Montesano. Quest’ultimo era stato informato sin dal 2015 dallo stesso Fucito dei suoi rapporti con il Cioffi, remunerato per farlo stare tranquillo, poiché lo avvertiva delle operazioni programmate, come avvenuto in un’occasione nel 2016, quando la perquisizione preannunciata era stata eseguita a carico del Fucito con esito negativo.
Già un anno prima Montesano aveva riferito un altro episodio importante, verificatosi nell’estate 2016, quando Fucito aveva convocato gli altri gestori delle piazze di spaccio perché contribuissero a pagare Cioffi, in quanto anch’essi beneficiavano della sua disponibilità a non dare fastidio alle piazze di spaccio, fornendo in tal modo conferma della stretta correlazione tra i soldi versati e la tutela assicurata non al solo Fucito, ma all’intera organizzazione del Parco Verde.