Marcianise. La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto come inammissibile il ricorso presentato dal Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Sassari contro l’ordinanza con cui, il 10 aprile 2025, il Tribunale di Sorveglianza aveva autorizzato un detenuto a far visita al fratello gravemente invalido residente a Marcianise.
Il verdetto è stato pronunciato nell’udienza del 16 settembre 2025, con relatore la consigliera Micaela Serena Curami e presidente Monica Boni; il Sostituto Procuratore generale Vincenzo Senatore aveva sollecitato proprio l’inammissibilità del ricorso.
Il detenuto, ristretto nel carcere di Tempio Pausania, aveva domandato un permesso di necessità per poter incontrare il fratello affetto da una grave forma di paraparesi spastica, con seri problemi di deambulazione. Il Magistrato di Sorveglianza aveva rigettato l’istanza ritenendo che, con adeguato supporto, il familiare potesse affrontare il viaggio fino alla Sardegna. La valutazione del Tribunale di Sorveglianza è stata però opposta: i giudici avevano riconosciuto che la lunga trasferta, i numerosi cambi di mezzi e la condizione fisica dell’uomo — capace di muoversi solo accompagnato e con notevole fatica — avrebbero comportato per lui un carico di sofferenza eccessivo e non sostenibile.
Per questo motivo, era stato concesso al detenuto un permesso di tre ore, sotto scorta, e con il divieto di intrattenere rapporti con persone diverse dal fratello e dai suoi assistenti.
Secondo il Procuratore ricorrente, la decisione del Tribunale sarebbe stata mal motivata, contraddittoria e fondata su argomentazioni apparenti. In particolare, si richiamava un accertamento medico-legale che indicava una condizione clinica stabile del fratello, ritenuta compatibile con il trasferimento. Venivano inoltre criticate le menzioni alle difficoltà economiche presenti nel reclamo del detenuto, pur non utilizzate dal Tribunale come motivo fondante.
La Suprema Corte ha ribadito i principi che sottendono il permesso di necessità previsto dall’articolo 30 dell’Ordinamento Penitenziario, legato al rispetto del senso di umanità che deve sempre orientare l’esecuzione della pena. I giudici hanno evidenziato come la valutazione del Tribunale fosse coerente e radicata nelle circostanze concrete: il percorso molto lungo, i vari passaggi da un mezzo all’altro e il grave deficit motorio del familiare rendevano il viaggio “talmente gravoso da comportare sacrifici e sofferenze non pretendibili da un soggetto invalido”.
La Cassazione ha inoltre osservato che le censure della Procura non individuavano alcuna violazione di legge, limitandosi a proporre una diversa lettura del caso, operazione non consentita in sede di legittimità. Anche le obiezioni relative agli aspetti economici sono state considerate prive di specificità, poiché estranee alla ratio dell’ordinanza impugnata.