MONDRAGONE. Mario Camasso e Michele Degli Schiavi, assolti in primo grado dall’accusa di aver ucciso Giovanni Invito – conosciuto come Occhiolino – il 17 ottobre 2007 a Mondragone, tornano sotto accusa nel giudizio d’Appello con una richiesta di condanna pesantissima.
Nella nuova fase del procedimento, la Procura Generale ha chiesto per entrambi una pena di 24 anni di reclusione, ribaltando di fatto il verdetto emesso il 23 gennaio 2024 dalla Corte d’Assise presieduta da Roberto Donatiello, con il giudice Honoré Dessì a latere.
Quella sentenza di assoluzione è stata impugnata dal sostituto procuratore Armando Bosso, che contesta alla Corte d’Assise una valutazione errata del materiale probatorio. Secondo Bosso, i giudici avrebbero:
mal interpretato alcune testimonianze rese nel dibattimento,
ritenuto ingiustificatamente strumentali le dichiarazioni di Antonio Invito,
frainteso le parole di Pietro Cascarino,
considerato incongruenti le deposizioni di Achille Pagliuca,
sottovalutato il peso delle intercettazioni telefoniche e ambientali,
escluso l’esistenza di un movente plausibile.
Per il magistrato, tutti questi elementi concorrono invece a delineare il coinvolgimento di Camasso e Degli Schiavi nell’omicidio di Invito.
Il giudizio è ora nelle mani della quinta sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli, presieduta da Ginevra Abbamondi, davanti alla quale i due imputati sono comparsi nuovamente.
Nel corso dell’udienza, il Procuratore Generale ha riproposto i temi già messi in luce dal pm Bosso, ribadendo la propria convinzione sulla responsabilità degli imputati.
Anche l’avvocato Ferdinando Letizia, legale delle parti civili, ha ricostruito le fasi dell’agguato a Giovanni Invito, evidenziando ciò che, a suo giudizio, collegherebbe Camasso e Degli Schiavi al delitto