Fratello del pentito ucciso, svolta per lo specchiettista

Casal di Principe/Villa Literno. La prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Filippo Casa, ha esaminato il ricorso presentato da Bernardo Ciervo, considerato lo “specchiettista” nell’agguato costato la vita a Crescenzo Laiso, ucciso dai sicari del clan dei Casalesi a Villa di Briano il 20 aprile 2010 su ordine di Nicola Schiavone. L’impugnazione era rivolta contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila.

I giudici abruzzesi avevano dichiarato inammissibile la richiesta avanzata dall’avvocato di Ciervo per ottenere una misura alternativa alla detenzione, nello specifico i domiciliari, ritenendo ostativa la condanna per ricettazione aggravata dall’agevolazione mafiosa.

Secondo gli inquirenti, Ciervo avrebbe procurato ai killer una moto rubata poi data alle fiamme dopo l’omicidio. Laiso sarebbe stato ucciso perché sospettato di aver trattenuto per sé parte dei soldi provenienti dalle estorsioni operate per conto del clan. Per questo ruolo, Ciervo è stato condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione, pena confermata in Cassazione insieme a quella inflitta a Maurizio Zammariello, condannato a 10 anni perché avrebbe attirato la vittima nella trappola.

Il Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila ha ritenuto non sostenibile la tesi difensiva secondo cui la pena principale per ricettazione avrebbe dovuto essere separata dall’aumento previsto per l’aggravante mafiosa, già scontato, così da rendere il reato “comune” e permettere l’accesso alla misura alternativa.

Il difensore di Ciervo ha quindi presentato ricorso alla Suprema Corte sostenendo che il tribunale avesse errato, non considerando che l’imputato starebbe ormai espiando solo la pena per il reato di ricettazione, mentre quella legata all’aggravante mafiosa sarebbe stata già integralmente scontata. Da ciò, secondo la difesa, deriverebbe la possibilità di concedere i domiciliari.

La Cassazione ha però dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando che non è consentito scindere l’esecuzione della pena relativa all’aggravante da quella per il reato base, poiché si tratta di elementi inscindibili della stessa condanna.

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