San Felice a Cancello. Le motivazioni della sentenza nei confronti di Clemente Massaro e Antonietta Sgambato alias ‘ sparatora, offrono spunti davvero interessanti e si prestano anche ad interpretazioni.
I due furono arrestati lo scorso aprile dai carabinieri della compagnia di Maddaloni dopo un’indagine lampo per un’estorsione al titolare del cantiere del polo scolastico in costruzione a Santa Maria a Vico.
L’obiettivo finale: il 3% su un appalto da 3 milioni e 300 mila euro alla ditta che sta costruendo il primo lotto del campus scolastico in via Felicissimo a Santa Maria a Vico.
All’inizio di questo mese il GIP di Napoli, 17° Sezione, Dott.ssa Tirone, all’esito della discussione ha assolto Sgambato Antonietta disponendone l’immediata scarcerazione ed ha condannato Massaro Clemente alla pena di anni 5 mesi 6 e giorni 20 di reclusione.
A Clemente Massaro oltre alla condanna a cinque anni e mezzo sono stati confiscati 2100 euro, mentre alla compagna assolta sono state restituite le somme che erano state sequestrate all’atto dell’operazione.
Il giudice Tirone non ha ritenuto che Antonietta Sgambato ‘a Sparatora fosse compartecipe sul piano soggettivo all’azione estorsiva del compagno.
Sempre il giudice scrive: “La Sgambato, invero, non risulta presente nel momento della richiesta estorsiva, risalente alla visita sul cantiere, in cui, peraltro, neanche emerge la presenza in macchina della stessa. Indi, l’apprensione della busta visionata dagli operanti da parte della Sgambato non attesta che la stessa ne conoscesse la derivazione causale”.
In pratica lei non è consapevole dell’estorsione ma intanto prende la busta dalla tasca del compagno all’interno del bar.
‘A sparatora per la sentenza ha soltanto accompagnato l’anziano boss che per altro essendo privo di patente non poteva circolare in auto.
E il fatto di essere sempre discosta nel momento in cui il 70enne parlava con il dipendente della ditta, che aveva portato la tangente, secondo chi ha redatto la sentenza è una ulteriore prova della sua estraneità all’azione delittuosa, anche se questo particolare potrebbe essere soggettivo. Il pm che concluso l’indagine ad esempio non la pensa cosi ed infatti aveva chiesto la condanna a 10 anni.
Per quanto riguarda i 5 anni e mezzo a ‘o pecuraro, bisogna ricordare che la pena è ridotta di un terzo per via della scelta del rito abbreviato.
Il giudice dichiara sussistente l’aggravante del metodo mafioso ma di fatto lo esonera da quella che è diventata nella norma la seconda aggravante nell’ambito del 416 bis ‘al fine di agevolare il clan’, che si applica a coloro che fanno parte di un sodalizio mafioso.
Infatti il giudice Tirone scrive: “Orbene, va rilevato che le allegate emergenze non risultano sufficienti a ritenere l’attuale partecipazione del Massaro Clemente ad un consesso criminoso.
Massaro risulta, invero, da ultimo, condannato per reato di partecipazione all’associazione criminosa denominata clan Massaro, commesso fino al 28.02.2003, con sentenza n. 76/2006 emessa dalla Corte di Assise di Appello di Napoli.
Ciò posto, nessuna specifica emergenza risulta agli atti per ritenere attualmente il Massaro partecipe di un omonimo clan”.
In pratica oggi il giudice esonera Clemente ‘o pecuraro dall’essere partecipe al clan Massaro. Proprio il soggetto da cui il clan, riconosciuto da sentenze passate in giudicato, ha preso il nome.