Valle Caudina. Ridotte le pene ai figli di due noti ras: la Corte d’Appello di Napoli accoglie la tesi dell’avvocato Fucci
La Corte d’Appello di Napoli ha ridotto in modo significativo le pene inflitte a due imputati di Arpaia, rispettivamente di 27 e 37 anni, figli di due noti ras della Valle Caudina, riconosciuti colpevoli in primo grado di una lunga serie di reati. Il collegio giudicante, accogliendo integralmente le argomentazioni difensive dell’avvocato Vittorio Fucci, ha riformato la sentenza emessa in primo grado, disponendo una sensibile riduzione delle pene.
Il 27enne, figlio di un noto esponente ritenuto essere il boss del clan Massaro, ha visto la propria pena ridursi da 6 anni e 8 mesi a 4 anni di reclusione. Analoga decisione per il 37enne, figlio di un pregiudicato accusato in passato di appartenere al clan Pagnozzi e di intrattenere rapporti con lo stesso clan Massaro, la cui condanna è passata da 4 anni a 3 anni di carcere. In primo grado il Pubblico Ministero aveva richiesto per lui 5 anni e 20 giorni, ma già il giudice di prime cure aveva riconosciuto la seminfermità mentale, accogliendo una prima istanza dell’avvocato Fucci.
Le imputazioni a loro carico erano numerose e gravi: estorsione, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, violenza privata, lesioni, minacce aggravate, furto aggravato e danneggiamento, tutti aggravati dal concorso di persone.
Secondo le indagini, i due si sarebbero resi protagonisti di diversi episodi tra Montesarchio, San Martino Valle Caudina e Airola. In particolare, due episodi di estorsione ai danni di bar, durante i quali gli imputati si sarebbero qualificati come appartenenti al clan, sottraendo prodotti senza pagare e danneggiando arredi, lanciando bottiglie e tazzine contro le pareti. Un terzo episodio, ancora più grave, avrebbe coinvolto due giovani di Airola: i due sarebbero stati fermati per strada, picchiati e minacciati con un coltello puntato alla gola, mentre venivano esplosi colpi di pistola che avrebbero anche danneggiato la loro auto.
Dalle attività investigative era inoltre emerso che uno dei due imputati aveva fatto tradurre alcune vittime dal padre, figura di vertice del clan Massaro, per convincerle a ritirare la querela.
Nonostante la Procura Generale avesse chiesto la conferma integrale delle condanne di primo grado, la Corte d’Appello di Napoli ha accolto le tesi difensive, riducendo le pene in maniera rilevante. La difesa, pur soddisfatta dell’esito, sta valutando la possibilità di ricorrere in Cassazione per ottenere ulteriori benefici per i propri assistiti.