CASAL DI PRINCIPE. Antonio Schiavone si trova attualmente detenuto in via cautelare con l’accusa di riciclaggio aggravato dal metodo mafioso. Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, avrebbe amministrato terreni situati a Grazzanise riconducibili al fratello Francesco “Sandokan” Schiavone, storico capo dei Casalesi, ma intestati a prestanome. Gli investigatori sostengono che, oltre alla gestione, si sia occupato anche della vendita di alcune di queste proprietà per ricavarne liquidità. Le indagini dei carabinieri di Caserta hanno portato alla formulazione delle accuse, già ritenute fondate dal gip del Tribunale di Napoli e successivamente confermate dal Riesame.
Il nome di Antonio Schiavone, tuttavia, non è nuovo agli atti giudiziari. In una precedente inchiesta sulle attività del clan dei Casalesi, era stato citato in relazione a episodi di estorsione ai danni di imprenditori operanti nell’area industriale tra Teverola e Carinaro. In quel contesto, emergeva la figura di Salvatore Sestile, suocero di Schiavone e fratello di un esponente vicino al clan Mallardo, scomparso nel 2021. Secondo le ricostruzioni investigative, Sestile avrebbe gestito richieste estorsive collegate ai cantieri della zona, chiedendo denaro per ogni capannone realizzato.
A collegare Antonio Schiavone a quelle vicende fu, nel 2019, la testimonianza di Giovanni Improda, imprenditore di Teverola coinvolto a sua volta nelle indagini. Improda raccontò che per quattro anni gli imprenditori del polo industriale avevano dovuto versare tangenti, e che ogni tentativo di sottrarsi a tale schema veniva bloccato da richiami e pressioni. In più occasioni, affermò, Sestile gli avrebbe ricordato che le sue azioni avevano l’appoggio del genero, Antonio Schiavone.
Va sottolineato che queste dichiarazioni rappresentano soltanto elementi investigativi e non una verità accertata. Schiavone, infatti, non subì conseguenze giudiziarie da quell’indagine e resta da considerarsi innocente fino a eventuale condanna definitiva.