San Cipriano d’Aversa. La notte di fuoco a San Cipriano d’Aversa del 9 settembre ha trovato i suoi protagonisti. Non semplici ragazzi qualunque, ma due giovani con profili ben diversi, finiti al centro di un episodio che ha scosso l’intero Agro aversano. Tra loro spicca il nome di M.B., 30 anni, figlio di un noto esponente del clan dei Casalesi già gravato da precedenti per associazione mafiosa. Con lui c’era G.D., 22 anni, senza legami diretti con ambienti criminali. Entrambi sono stati denunciati a piede libero dai carabinieri della Compagnia di Casal di Principe.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i due avrebbero esploso almeno cinque colpi di pistola calibro 9×21, arma regolarmente detenuta ma usata in modo improprio, durante una lite con altre persone ancora non identificate. I proiettili hanno danneggiato la vetrina di un negozio di sigarette elettroniche su corso Umberto I, generando timori di una nuova stesa camorristica. L’ipotesi di un’intimidazione diretta al commerciante è stata esclusa, ma la scena ha evocato dinamiche tipiche delle azioni dimostrative dei clan.
Decisiva la segnalazione del titolare del negozio che, all’apertura, ha trovato i fori sulla vetrata. Da lì sono partite le indagini che hanno portato all’identificazione dei due giovani. L’arma, una pistola Tanfoglio modello Combat, è stata sequestrata.
Resta l’interrogativo principale: come è possibile che il figlio di un boss già condannato per camorra si ritrovi nuovamente coinvolto in un episodio di violenza armata che richiama metodi criminali? È questo il nodo che preoccupa investigatori e cittadini. Nonostante i due abbiano parlato di un litigio degenerato, la vicenda evidenzia la fragilità sociale di un territorio in cui i fantasmi della camorra continuano a riaffiorare con inquietante regolarità.