SANTA MARIA CAPUA VETERE/BELLONA. È stato confermato il sequestro di tre esercizi commerciali, tutti rivendite di tabacchi, due situati a Santa Maria Capua Vetere e uno a Bellona, per un valore stimato attorno al milione di euro. A disporlo è stato il Tribunale del Riesame di Napoli, che ha accolto le richieste della Direzione Distrettuale Antimafia, ribaltando una precedente decisione del gip che aveva negato il provvedimento ritenendo il quadro accusatorio insufficiente.
Al centro dell’inchiesta figura Simmaco Maio, imprenditore sammaritano già condannato in passato per concorso esterno in associazione mafiosa per rapporti con l’ex clan Amato, collegato ai Casalesi. La sua posizione, tuttavia, non è ancora definitiva: la Cassazione ha infatti disposto un nuovo giudizio d’appello.
Secondo quanto ipotizzano gli inquirenti, tra il 2021 e il 2022 Maio avrebbe gestito direttamente, ma in modo occulto, le tre tabaccherie, utilizzando parenti e presunti prestanome per sottrarle a future confische patrimoniali. Tra le sette persone attualmente iscritte nel registro degli indagati, figurano Luigi e Giuseppe Papale, Caterina e Luigi Maisto, Giovanna Enza Fiano e Franca Raucci, oltre allo stesso Maio, ritenuto il regista dell’intera operazione commerciale.
L’accusa contesta il reato di intestazione fittizia di beni, finalizzata a eludere le misure di prevenzione previste per chi è coinvolto in procedimenti per criminalità organizzata. Il quadro indiziario si basa su intercettazioni ambientali e telefoniche, in cui Maio farebbe riferimento in modo esplicito alle “sue” attività, dettando strategie economiche, gestione degli incassi e passaggi di proprietà simulati per dissimulare la reale titolarità.
La Procura sottolinea che le modalità di gestione delle attività commerciali dimostrerebbero un’operazione strutturata per camuffare la proprietà effettiva e aggirare i controlli. “Una consapevole operazione di copertura”, spiegano fonti investigative.
La difesa ha contestato con forza le accuse, presentando sentenze di assoluzione relative ad altri indagati e mettendo in discussione la credibilità delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia. In particolare, viene evidenziato che alcune testimonianze sarebbero viziate da conflitti personali, come nel caso di un parente che accusa Maio e che, secondo la difesa, agirebbe spinto da rancori familiari.
Nonostante ciò, la DDA ritiene che la posizione processuale ancora pendente dell’imprenditore sia sufficiente per giustificare il sequestro, in quanto segnalerebbe la volontà di nascondere capitali e rendite.
Il procedimento penale va avanti da oltre quattro anni e, dopo questo nuovo passaggio, la difesa si prepara a presentare un’ulteriore istanza di dissequestro per le tre attività, che fino al provvedimento occupavano circa 15 dipendenti.