CASTEL VOLTURNO/CASAL DI PRINCIPE. Detenuto al 41 bis, Giovanni Letizia – uno dei killer più spietati del clan dei Casalesi – ha chiesto di poter utilizzare un rasoio elettrico con cavo per curare barba e capelli. Una richiesta apparentemente innocua, avanzata dal carcere di massima sicurezza di Opera. Inizialmente respinta per motivi di sicurezza, la domanda è stata poi accolta dal magistrato di sorveglianza, che ha invocato il diritto alla salute e all’igiene personale. Ma la battaglia legale non si è fermata lì: il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha fatto ricorso in Cassazione, ottenendo l’annullamento della decisione.
Per la Suprema Corte, infatti, il diritto all’igiene non implica la possibilità di scegliere liberamente lo strumento da utilizzare. La circolare Dap del 2017 è chiara: nei penitenziari sono ammessi solo rasoi a batteria, acquistabili tramite l’apposito servizio interno. La richiesta di Letizia viene così ridimensionata a un semplice “desiderio personale”, privo di fondamento giuridico, anche perché – hanno sottolineato i giudici – il divieto risponde a esigenze concrete di sicurezza, come il rischio di folgorazione e l’uso improprio dell’energia elettrica.
Dietro questa vicenda burocratica si nasconde uno dei protagonisti più violenti della storia criminale recente. Letizia, oggi 44enne, è stato condannato all’ergastolo per aver partecipato a una lunga scia di omicidi, su ordine di Giuseppe Setola, capo della fazione stragista dei Casalesi. È lui che, nel 2008, impugnando una mitraglietta e una pistola semiautomatica, affianca il boss in una serie di esecuzioni spietate, volte a consolidare il potere del clan con il terrore.
Il 18 settembre 2008 è la data che segna uno dei momenti più cupi. A Baia Verde, frazione di Castel Volturno, Antonio Ciliento viene ucciso davanti alla sua sala giochi: sospettato di collaborare con le forze dell’ordine, viene crivellato con sessanta colpi. Mezz’ora dopo, la furia omicida si sposta sulla Domitiana, al civico 1083. In una sartoria gestita da migranti africani, sei uomini originari di Ghana, Togo e Liberia vengono freddati da 125 proiettili in appena trenta secondi. Non avevano nulla a che fare con la criminalità, ma furono vittime di una strategia del terrore.
La strage scuote l’opinione pubblica e scatena la reazione della comunità africana locale, che il giorno dopo scende in piazza per chiedere giustizia. La risposta dello Stato è rapida e decisa: in meno di due settimane vengono eseguiti oltre cento arresti. Le indagini portano dritto al gruppo di fuoco capeggiato da Setola. Oltre alla strage, Letizia è stato riconosciuto colpevole anche degli omicidi di imprenditori e lavoratori che, in quella stagione di sangue, si opposero alle logiche del clan.
Da anni recluso in regime di carcere duro, Giovanni Letizia sconta la pena dell’ergastolo senza alcuna possibilità di uscita. Il rifiuto del rasoio col filo è solo l’ultimo episodio di una lunga detenzione, che tiene dietro le sbarre uno dei responsabili della più feroce operazione di pulizia criminale della camorra degli ultimi decenni.