Irruzione armata nel bar mentre giocano schedina per uccidere ras: stangata definitiva

CASERTA/CAIVANO. Dopo oltre due decenni dall’agguato, si è concluso il processo per l’omicidio di Pasquale Castaldo, noto come ‘o Farano’. La Prima Sezione della Corte di Cassazione ha rigettato l’ultimo appello, confermando la condanna all’ergastolo per Salvatore Russo, classe 1976, originario di Caserta. Russo, difeso dall’avvocato Davino, è stato ritenuto colpevole dell’omicidio avvenuto nel 2003. Le parti civili erano rappresentate dall’avvocato Pasquale Delisati.

L’omicidio del 2003

Il 19 settembre 2003, Caivano fu teatro di un violento agguato camorristico. Pasquale Castaldo, alias ‘o Farano’, fu assassinato all’interno del bar Giamante. Durante l’attacco, Luigi Zampella, pregiudicato e uomo di fiducia di Castaldo, rimase ferito, così come Michele Petraglia, un pensionato di 74 anni, colpito accidentalmente mentre si trovava all’ingresso del locale. Petraglia, padre di Antonio, consigliere comunale, era solito frequentare il bar per giocare la schedina del totocalcio. L’agguato scosse profondamente la comunità locale, evidenziando la brutalità della faida camorristica in corso.

Il contesto criminale dell’epoca

All’inizio degli anni 2000, l’area di Caivano era segnata da una feroce lotta per il controllo del territorio tra clan camorristici rivali. Pasquale Castaldo era a capo di un sodalizio criminale operante nella zona e, secondo le indagini, stava cercando di aggregare a sé elementi dello storico clan Moccia. La sua eliminazione rappresentò un episodio chiave nella riorganizzazione degli equilibri mafiosi locali. Successivamente all’omicidio, le forze dell’ordine scoprirono armi nascoste nello stadio comunale, utilizzate presumibilmente dal clan di Castaldo, e si verificarono ulteriori atti di violenza, tra cui un attentato esplosivo a un noto bar della città.

Il percorso giudiziario

Nel 2006, la Corte d’Assise del Tribunale di Napoli emise le prime sentenze relative all’omicidio di Castaldo. Antonio Di Buono di Acerra fu condannato all’ergastolo, mentre Domenico La Montagna di Caivano ricevette una pena di 13 anni di reclusione.

Salvatore Russo, ritenuto affiliato al clan Russo, fu arrestato nel 2009 dopo una lunga latitanza. La sua cattura rappresentò un duro colpo per la struttura camorristica dell’agro nolano. Nel corso degli anni, Russo ha affrontato vari gradi di giudizio, fino alla recente conferma della condanna all’ergastolo da parte della Corte di Cassazione.

L’impatto sulla comunità nel 2025

A distanza di oltre vent’anni, la comunità di Caivano continua a portare le cicatrici di quel periodo oscuro. Tuttavia, la conclusione definitiva del processo rappresenta un segnale di giustizia e speranza per i cittadini. Le istituzioni locali hanno intensificato gli sforzi per promuovere la legalità e offrire alternative ai giovani, al fine di sottrarli all’influenza della criminalità organizzata. La conferma della condanna di Russo è vista come un passo importante nella lotta contro la camorra e nella ricostruzione del tessuto sociale della città.

In conclusione, la definitiva sentenza nei confronti di Salvatore Russo chiude un capitolo doloroso per Caivano. La comunità, pur non dimenticando le vittime innocenti come Michele Petraglia, guarda al futuro con rinnovata determinazione, sostenuta dalla presenza dello Stato e dall’impegno collettivo per un domani libero dalla morsa della criminalità organizzata.

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